Economia

Crisi delle banche, occhio: il “contagio” è già arrivato

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Nell’articolo precedente abbiamo provato a spiegare che c’era un rischio di contagio anche per le banche in Europa e dato che si sta verificando vale la pena di riproporre il discorso. Le banche in Europa hanno perso in borsa più del 20% in pochi giorni e nel caso delle maggiori banche francesi e tedesche oggi si vedono dei -10% (senza parlare del Credit Suisse che fa -24%). Qui una delle due maggiori banche francesi, Société Generale.

Ovviamente, quando si guarda ai crolli di borsa va tenuto presente che gli operatori “speculano”, che in latino significa “guardare avanti”, cioè immaginano uno scenario e ci scommettono sopra, perché dal punto di vista pratico non è ancora successo niente di male finora alle banche europee. Ma molti operatori evidentemente oggi vedono quello di cui parlavamo, qualcosa che può costringere le banche a vendere i bond in portafoglio, che sono scesi molto di valore, prima della scadenza e ritrovarsi così con enormi perdite a bilancio.

Questo qualcosa sono i correntisti che cominciano a togliere i soldi dai conti correnti, come si è visto nel caso della Banca di Silicon Valley, SVB, semplicemente perché i titoli di stato a breve dopo otto anni finalmente offrono dei rendimenti. Parlando in generale, sia in America che in Europa, chi ha i soldi li tiene su conti correnti che non rendono quasi niente quando invece ad esempio in America i titoli di stato a scadenza un anno e i fondi monetario che vi investono danno dei 4,6% mentre le banche pagano solo uno 0,5%. Le banche europee, specie italiane e spagnole, ma anche francesi, sono piene di titoli di stato comprati tra il 2014 e 2020 con il famoso “Qe” di Draghi, a tassi quasi zero i cui prezzi sono scesi anche del 20%. Sarebbero in perdita per decine di miliardi, ma solo se li vendono prima della scadenza.

Se le banche americane hanno più di 600 miliardi di perdite non riconosciute a bilancio, come ha calcolato la FDIC, le banche europee avrebbero anche loro centinaia di miliardi di perdite. Ma non devono mostrarle nel bilancio perché hanno classificato i Btp comprati in grande maggioranza come “da tenere fino alla scadenza”. Le banche possono classificare i titoli comprati in due modi: come “disponibili alla vendita” (Available For Sale), o come “da tenere fino alla scadenza” (“Hold To Maturity” o “HTM”).

Se li classificano come “da tenere fino alla scadenza” le regole contabili fanno sì che le perdite non appaiano a bilancio. Perché la banca dice “ehi… fra sette anni me li rimborsano alla pari, comprati a 100 e rimborsati a 100 anche se adesso valgono 80 sul mercato. Io non li vendo, perché devo segnare una perdita ora che poi non si realizza?” Se li classificano invece come “disponibili alla vendita” la variazione negativa del valore di mercato compare. In quel caso le Banche di solito vendono “short” tramite derivati i titoli di stato, in modo che se scendono guadagnano sui derivati e compensano la perdita di portafoglio. Cosa hanno fatto esattamente Unicredit o Société Generale o Deutsche Bank per proteggere il loro portafoglio di titoli è ora oggetto di discussione frenetica nel mondo finanziario.

Come avevamo illustrato, se la Bce aumenta ancora i tassi può esserci una catena di conseguenze che forzi le banche a vendere parte di questi titoli prima della scadenza, anche se sono stati classificati come “da tenere fino alla scadenza”. In Italia ci sono 1,900 miliardi che gli italiani hanno in conti correnti che pagano 0,1%. Quando Bot e Btp a scadenza inferiore ad un anno, quindi molto sicuri, pagheranno un 3%, i correntisti si potrebbero svegliare e potrebbero cominciare a togliere 300 o 400 miliardi o forse più (su 1,900 miliardi) dai conti correnti. Le banche in questa situazione sarebbero costrette, per poter fare diciamo così i bonifici, prima ad usare il cash che hanno all’attivo di bilancio e poi però a vendere qualche investimento e cioè i Btp a scadenza cinque o dieci o quindici anni) che hanno comprato con il “Qe” di Draghi a prezzi parecchio più alti.

Come avevamo scritto: “Il motivo quindi per cui oggi si vedono tutte le banche in Europa perdere un 7% di media in borsa è che il mondo finanziario si chiede cosa succederà se i correntisti si stufano di ricevere 0,1% sul conto corrente e spostano i soldi su Bot o BTP a scadenza un anno (poco rischiosi) …”. In tre giorni la perdita media delle banche è arrivata al 20% e rotti. Se dovesse continuare, le banche centrali e il Tesoro possono intervenire in vari modi, ma alla fine dovrebbero smettere di alzare i tassi di interesse perché ovviamente tutto questo problema esiste perché stanno alzando i tassi di interesse, dopo averli tenuti a zero per anni. Dato però che l’inflazione è sopra il 6% in America e sopra l’8% in Europa le banche centrali perdono la faccia se smettono già ora di alzare i tassi per aiutare le banche.

In aggiunta, le banche potrebbero offrire di più sui conti correnti, non 0,1% ma 2% ad esempio in Europa. Se però la Bce, ad esempio, portasse i tassi di interesse al 3,5% i Btp ad un anno renderebbero magari un 4% e le banche dovrebbero offrire ancora di più per fronteggiare il deflusso di soldi verso i Bot e BTP. Questo è per ora uno scenario, una “speculazione”, ma come si sa sui mercati la gente scommette in anticipo per cui vedi già il patatrac.

Paolo Becchi e Giovanni Zibordi, 15 marzo 2023

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