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Ddl Zan, qual è l’errore della destra

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Capita sempre più spesso – culturalmente parlando – di sentirsi senza casa, homeless (ma non per questo hopeless!), e comunque a disagio rispetto all’intolleranza sempre più sistematica e ideologica (starei per dire quasi inconsapevole) a sinistra, ma anche rispetto all’inadeguatezza di tanta parte della destra attuale nel combattere la battaglia delle idee e nell’imbracciare la bandiera della libertà. Per imbracciarla credibilmente, devi esserne convinto: altrimenti risulti poco convincente.

Il ritardo della destra

È stato doloroso verificare il ritardo con cui, a destra, si è colto il punto di fondo del ddl Zan, quell’articolo 4 che, mentre sembra affermare la libertà di pensiero, in realtà la conculca a colpi di “purché”, di fatto affidando allo scrutinio giudiziario la definizione del confine tra ciò che si può e ciò che non si può dire.

Ma è servito l’intervento di osservatori esterni (commentatori, un pugno di giornali e trasmissioni tv) per focalizzare il problema, mentre troppi politici di destra – chi ingenuamente, e chi invece pensando forse di ritagliarsi un ruolo, una dramatis persona – si facevano trollare da Fedez, si lasciavano mettere di prepotenza una scomoda e imbarazzante maglietta da omofobi, riuscendo nel “capolavoro” di farsi odiare da qualche milione di concittadini.

Basta slogan (e controslogan) sul ddl Zan

La sensazione è che, sul lato alternativo a una sinistra infrequentabile, sia molto lungo il lavoro necessario per prepararsi a una battaglia culturale libertaria (e non integralista), maggioritaria (e non minoritaria), orgogliosa (e non subalterna), comprensibile a tutti (e non chiusa in un recinto anche lessicale uguale e contrario a quello della sinistra ideologizzata).

A volte, sarebbe necessario anche spiazzare, e essere capaci di cercare pure in luoghi “non di destra” (nel mio caso, “non liberali”) punti di osservazione, argomenti, spunti, capaci di aprire contraddizioni a sinistra, di convincere gli indecisi e chi sta nel mezzo, di sedurre intellettualmente chi ancora deve formarsi un’opinione. Uscendo dalla coazione a ripetere militarizzata della polarizzazione, che induce a contrapporre il più banale slogan “di destra” al più banale slogan “di sinistra”.

La lezione di Mc Ewan

Ci provo con un aneddoto e una citazione. L’aneddoto riguarda una disavventura capitata in Gran Bretagna, qualche anno fa, allo scrittore Ian Mc Ewan (poi ovviamente celebrato dai media europei solo perché contrario a Brexit), che fu aggredito per settimane avendo detto in una conferenza: “Chiamatemi antiquato, ma tendo a pensare che se uno ha un pene sia un maschio”. Poi, richiesto di articolare il concetto, fece un’osservazione più profonda e assai meno scontata, dicendo che alcuni sostenitori dei diritti civili rischiano di considerare le nozioni di sesso e genere come articoli che si “prendono” dallo scaffale di un supermercato. Anche qui, si può essere più o meno d’accordo: ma Mc Ewan fu linciato senza pietà da molti cosiddetti progressisti solo per aver invitato a cogliere e soppesare la profondità (non la superficialità) di certi passaggi umani ed esistenziali.

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