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Decreto agosto: una mossa tattica che non eviterà il tracollo

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Abbiamo il decreto legge agosto definitivo e anticipato – con modifiche ancora aperte – nella serata di sabato scorso. Gran parte dell’impianto è conosciuto ma vale forse la pena di fare delle ulteriori considerazioni sul testo definitivo. Tralasciando l’indeterminatezza costante, con questo esecutivo accade spesso che le considerazioni siano poco incoraggianti quando inserite nell’evolversi dello scenario. Con il Governo attuale e i suoi componenti è importante seguire bene il “fil rouge” se mai ci fosse, perché pare che siano proprio loro i primi a perderne il verso per mancanza di lucidità. L’ambiente in cui la manovra è stata pensata e dovrà essere applicata è tutto fuorché favorevole; il decreto agosto è assolutamente tattico e non tiene conto – e questo sembra abbastanza incredibile- del contesto che cambia rapidamente, degli errori fatti delle opportunità mancate o meno e dei pericoli a cui si va incontro.

Il primo punto per comprendere la debolezza delle scelte di spesa è l’evoluzione delle dimensioni del debito – che di per sé in una economia che cresce non è quasi mai un problema – della sua struttura (debito nazionale emesso e prestiti da Europa e rispettivi tenore temporale e seniority) e sostenibilità nel futuro. Il secondo punto è la Bce e di quando interromperà il programma di acquisti illimitati. Il terzo è appunto la debolezza nelle scelte per una crescita strutturale delle imprese e della economia soprattutto se confrontate con altre economie europee di pari dimensioni.  In vulgata: quale è il futuro di una Nazione che non cresce in termini assoluti e relativi ai suoi vicini, ha un debito molto probabilmente ben oltre il 160%, senza una banca centrale che ne difenda il debito e il corso delle obbligazioni nazionali in modo illimitato? E se si aggiunge che sarà sottoposta a riforme strutturali di taglio europeo, dunque di austerità? È un film che abbiamo già visto dal 2011 in avanti con l’agenda europea Montiana e proseguita degli altri governi Pd. Per semplicità e brevità tralasciamo il lato politico e il profumo sino-social-collettivista del governo post comunista e M5s e quindi le sue scelte in termini geopolitici e di alleanze.

È con questo scenario in mente che pensiamo andrebbe letto e ragionato il Testo definitivo insieme alla rapida evoluzione e la “chiusura “delle finestre temporali disponibili al governo per iniziare una ripresa, definita da un briciolo di visione e soprattutto per individuarne ex ante le determinanti e la loro sostenibilità. Posto quanto sopra, aggiungiamo che Conte sta “spendendo” e disponendo in capitoli di spesa, soldi che non ci sono e non ci saranno prima di 11 mesi – se mai arriveranno poiché è auspicabile ma non è data per certa e completa la capacità di Eu di adempiere al mandato conferitole dagli stati membri e raccogliere sul mercato, per la prima volta nella sua storia, i fondi necessari.

Ci si domanda quale Italia si abbia in mente e quale crescita quando si propone il discusso sgravio del 30% sui contributi pensionistici per le aziende del sud. Rientra in maniera strutturale – grazie a Gualtieri – la Cassa del Mezzogiorno – con il risultato di scontentare molti: l’effetto sui conti potrebbe non essere così determinante per una impresa che se ne avvantaggia ma è certamente norma distorsiva del mercato e ignorante del fatto che è il nord Italia ad esser stato maggiormente colpito sotto ogni profilo – umano ed economico – e che piaccia o meno è sempre il Nord e in specie tre regioni a trainare il paese e a rappresentare quai un quarto della creazione di ricchezza nazionale. Ed è da quella parte dell’Italia che la ripresa partirà e produrrà – ovviamente per struttura – i maggiori effetti.

La mancanza di lucidità forse determinata dalla “ebrezza” per i miliardi promessi in Next Generation Eu e Sure, arriva a defocalizzare l’azione in molte voci di spesa tra bonus e fondi perduti nessuna delle quali concretamente strutturale e non tattica. E se è stato aumentato il contributo sul automotive lo si è fatto secondo i voleri di una visione esterna e europea, non domestica, focalizzandolo sull’elettrico e favorendo un futuro abbastanza lontano penalizzando inevitabilmente il presente e ignorando la realtà di una domanda di elettrico oggi irrisoria e riservando i maggiori vantaggi di costo ai modelli più cari. Nuovamente il governo si distingue per un “reverse engineering”: quando c’è necessità di misure subito e medio termine   esso le sposta sul lungo lunghissimo e viceversa.

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