Politica

Delirio a sinistra: la cancel culture fa altre due vittime - Seconda parte

L’egemonia culturale politicamente corretta ha messo all’indice pure Shakespeare e Jefferson

Spostandoci dall’altra parte dell’Atlantico, invece, la New York Public Design Commission ha votato all’unanimità per rimuovere la statua di Thomas Jefferson dalla camera di consiglio del municipio della città. E questo perché, quado morì nel 1826, l’ex Presidente possedeva 130 schiavi. Non conta il periodo storico in cui Jefferson o Shakespeare sono vissuti, né i canoni morali dell’epoca, e neanche il contesto in cui i grandi del passato sono cresciuti, conta solamente che le memorie, i monumenti e le pagine di storia siano conformi alla nostra epoca, assurgendoci presuntuosamente a migliore generazione umana mai vissuta, legittimata a decidere ciò che può essere raccontato, tramandato e insegnato.

All’inizio dell’articolo, ricordavamo come l’obiettivo di Gramsci consistesse nell’assumere il controllo dei mezzi di comunicazione. Oggi siamo andati oltre: è necessario, se non doveroso, mettere al bando tutte le testimonianze che siano estranee ai nostri canoni morali, politici e sociali. Anche cercando – perché no – di emarginare tutti coloro che cercano di porsi in contro corrente a questa logica perversante. Non è né uno scherzo né un complotto. Un eccellente articolo di Giulio Meotti sul Foglio ha testimoniato “la vita di alcuni prof alle prese con la cancel culture”, vittime di dimissioni, sit-in davanti a casa e boicottaggi: “Per una frase fraintesa come un commento razzista (la parola spook, il cui primo significato è “fantasma”, ma che in gergo ha anche il senso spregiativo di “negro”), Coleman – professore di lettere antiche ad Athena – non difeso da quella Facoltà di cui era stato la stella, ha dovuto rassegnare le dimissioni.”

Insomma, ieri Gramsci parlava di “forma di controllo”, oggi i progressisti di cancellazione. Chissà se, in un futuro prossimo, si discuterà se configurare un reato nel possesso di alcuni libri o volumi. Intanto, in una società distopica, questa possibilità è già stata straordinariamente raccontata da Ray Bradbury nel romanzo di fantascienza Fahrenheit 451. Guarda caso, l’anno in cui si ambienta è il 2022…

Matteo Milanesi, 28 ottobre 2021

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