Politiche green

Direttiva case green: perché è inutile e irrealizzabile

L’approvazione in Ue preoccupa gli esperti del settore immobiliare. Per Spaziani Testa (Confedilizia), la norma è “irrealistica”

case green unione europea-2 © Yaroslav Danylchenko e alexsl tramite Canva.com

La direttiva europea sull’efficientamento energetico degli edifici, meglio nota come direttiva “case green”, è stata infine approvata. Che cosa prevede, in particolare? Le disposizioni chiave sono due.

1. La prima è contenuta nell’articolo 1 del provvedimento, che stabilisce il suo oggetto e le sue finalità: “La presente direttiva promuove il miglioramento della prestazione energetica degli edifici e la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra provenienti dagli edifici all’interno dell’Unione per conseguire un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050, tenendo conto delle condizioni locali, delle condizioni climatiche esterne, delle prescrizioni relative alla qualità degli ambienti interni e dell’efficacia sotto il profilo dei costi”.

Dunque, il progetto sarebbe quello di giungere a “un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050”. Concretamente realizzabile? Ne dubitiamo fortemente. Utile? Ne dubitiamo altrettanto. Al proposito, è interessante riferire il pensiero del Presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, che in un’intervista pubblicata su Italia Oggi il 15 marzo così si pronuncia: “L’Europa ha molto inquinato in passato, ma oggi contribuisce solo per il 7% alle emissioni di CO2 globali e non cambia molto se facciamo le case green piuttosto che le auto green.

Al netto del discorso sui costi che ricadranno sui cittadini, perché questa operazione non è gratis come non lo è stato il 110%, potremo rendere più gradevole la vita nelle città, inquinare meno in futuro ma senza cambiare il destino del mondo che è nelle mani di Cina, Asia e Stati Uniti”. Ma sull’obiettivo emissioni zero va segnalato anche quanto ha scritto Chicco Testa – ambientalista non estremista – sul Foglio del 13 marzo: “Lasciamo pur stare il 2050, quando tutti gli edifici dovranno essere a emissioni zero, il che implica che scompaiano completamente i riscaldamenti a gas o a gasolio, per non parlare del carbone, ma che anche tutta l’elettricità usata nelle abitazioni sia di origine rinnovabile. Vabbè, chissà che succederà da qui al 2050”.

2. La seconda disposizione è presente nell’articolo 9 e stabilisce così: “Gli Stati membri provvedono affinché il consumo medio di energia primaria in kWh/(m2.a) dell’intero parco immobiliare residenziale: a) diminuisca di almeno il 16 % rispetto al 2020 entro il 2030; b) diminuisca di almeno il 20-22 % rispetto al 2020 entro il 2035; c) entro il 2040, e successivamente ogni cinque anni, sia equivalente o inferiore al valore determinato a livello nazionale derivato da un progressivo calo del consumo medio di energia primaria dal 2030 al 2050 in linea con la trasformazione del parco immobiliare residenziale in un parco immobiliare a emissioni zero”.

Su questo secondo punto, è utile riportare una dichiarazione del ministro dell’ambiente italiano, Gilberto Pichetto Fratin: “Certamente alcuni step di vincolo al 2030 e al 2040 sono di difficile raggiungimento per il nostro Paese, per le caratteristiche immobiliari del nostro Paese, con immobili datati e diffusi sul territorio, e per la proprietà diffusa. L’intervento va valutato con molta cautela” (Ansa, 13.3.2024). Anche l’obiettivo più immediato, quindi, non sembra conseguibile in Italia.

Ma come si è arrivati a questo testo finale? Ci si è arrivati dopo oltre due anni di dura battaglia per cercare, almeno, di attenuare la pericolosità di questa direttiva. Ricordiamo agli smemorati, ad esempio, che nelle bozze del provvedimento che la Confedilizia rese note – per contrastarle – nell’autunno del 2021 era previsto addirittura il divieto di vendere e di dare in locazione immobili privi di determinate caratteristiche di efficienza energetica. E che fino allo scorso ottobre il testo prevedeva l’obbligo per i proprietari di ristrutturare le loro abitazioni per raggiungere la classe energetica E entro il 2030 e, successivamente, la classe D entro il 2033.

Il lavoro che si è svolto per giungere a un ammorbidimento di questa direttiva è stato duro. E i parlamentari europei contrari al provvedimento assicurano che il risultato raggiunto – ben lontano dal loro (e dal nostro) ideale – è il massimo che potesse ottenersi. Ormai il testo è questo.

Ma che cosa accade ora? Beh, dobbiamo aspettarci (anzi, pretendere) che Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia – in coerenza con il loro voto contrario sul provvedimento e con le dichiarazioni di fuoco rilasciate in questi giorni – incentrino la propria campagna elettorale per le elezioni europee di giugno sul contrasto all’ideologia green (che è cosa diversa, ben diversa, dall’attenzione all’ambiente), si impegnino a promuovere una profonda revisione della direttiva nella prossima legislatura Ue e, poi, facciano seguire i fatti, operando sin dal primo giorno in questa direzione. Protestare non basta. Bisogna agire.

Giorgio Spaziani Testa, 16 marzo 2024

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