Dopo il Covid, il patriarcato: l’intento è sempre rieducarci

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Dopo il collettivismo sanitario, che ha devastato il Paese, imposto durante una pandemia a relativa bassa letalità, creando molti più danni di quelli prodotti dal virus, oggi si cerca di realizzare quello educativo, coinvolgendo l’intera nazione in una battaglia, a mio avviso, altrettanto insensata. E se nella lunga notte del Covid-19 si sosteneva che ognuno avrebbe dovuto fare la sua parte, indossando mascherine e vaccinandosi a passo di corsa, oggi si pensa di intervenire in un problema ancor più complesso di quello virale attraverso un corso di educazione sentimentale per tutti gli studenti italiani.

L’accusa di patriarcato

A questo proposito, dato che lunedì scorso, nelle Marche, un uomo di 70 anni ha strangolato la moglie coetanea, da tempo malata, dovremmo forse prevedere un corso di recupero serale per chiunque abbia superato una certa età? In realtà, come accaduto durante il Covid, si parte dalla proclamazione politico-mediatica di tipo emergenziale, senza alcuna analisi oggettiva dei dati a disposizione. Dati che ci dicono, come ricordato da Nicola Porro durante l’ultima puntata di Quarta Repubblica, che in Europa l’Italia “del patriarcato” è agli ultimi posti per quanto riguarda il femminicidio e che, proprio a conferma ulteriore della estrema complessità della questione, ai vertici della classifica si trovano i Paesi nordici, in cui la donna si è emancipata ben prima rispetto alla parte meridionale del Vecchio Continente.

Patriarcato, la politica segue la corrente

Ora, al pari di ciò che è accaduto durante la pandemia, a prescindere dalle relative convinzioni personali, i leader politici e il governo di turno, per esclusivi motivi di consenso, di fronte ad un sommovimento emotivo che sembra travolgere ogni resistenza razionale, sono costretti a seguire la corrente, innescando un meccanismo al rialzo il quale, su basi logiche e scientifiche più che discutibili, ha trasformato in poco tempo la nostra democrazia liberale in un orrendo regime sanitario fondato sull’inqualificabile green pass e su un sostanziale obbligo vaccinale.

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A mio avviso, l’origine di questa dinamica, che da noi sembra aver raggiunto livelli estremi, va individuata nella cultura politica di stampo progressista, in cui si parte dal presupposto che la realtà rappresenta sempre un atto deliberato della sfera politica. Si tratta di una distorsione che cozza ampiamente con l’evoluzione storica della società umane, la quale è stata efficacemente definita dal grande Friedrich von Hayek con il termine di “costruttivismo”. Pertanto, da questa prospettiva, compete alla sfera pubblica creare la società perfetta, eliminando alla radice gli omicidi delle donne all’interno di coppie e/o famiglie.

Tutto questo poi si incontra con l’atteggiamento tipico dei politici di professione ai quali, di fronte a qualsiasi problema percepito dalla popolazione e ingigantito dai media, scatta il classico riflesso pavloviano: debbono fare qualcosa, facendo passare le loro proposte e i loro provvedimenti come azioni risolutive. Anche perché in caso contrario, cercando di resistere ad un tale alluvione emozionale di massa, l’uomo pubblico rischia di essere scomunicato dai partiti e dai media ostili, con l’accusa di essere connivente con il virus, a suo tempo, e con la presunta violenza patriarcale attualmente.

Il vizio di indottrinare

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Quindi tutto questo porta a sospendere la ragione in attesa di tempi migliore. Solo che quando la ragione dorme, si generano vere e proprie mostruosità, come per l’appunto quella di voler indottrinare i nostri giovani al fine di un corretto rapporto nei riguardi dell’altro sesso. Una assurda velleità, la quale non tiene in alcun conto le diversità che distinguono – per fortuna dico io – gli individui, con cui si vorrebbe uniformare in senso non violento le relazione altrettanto complesse tra i due sessi.

Insomma, sembra riemergere l’antica e sinistra tendenza bolscevica a creare il cosiddetto uomo nuovo – che in realtà produsse solo un idiota di tipo nuovo, totalmente acquiescente al regime sovietico -, traslandola nel grottesco tentativo di pianificare il comportamento di quella piccola, ma sempre presente pattuglia di sociopatici, ossessivo compulsivi, che di quando in quando commettono un crimine violento ai danni delle donne e non solo.

La complessità del male esiste e spesso prende le strade più tortuose e, come dimostra il caso della povera Giulia, imperscrutabili. Tuttavia, trasformando un caso particolare in una questione generale, arrivando quasi a criminalizzare circa metà della popolazione, non possiamo che peggiorare la situazione. In tal senso, l’eterogenesi dei fini e sempre dietro l’angolo.

Claudio Romiti, 22 novembre 2023

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