Politica

La conferenza stampa del premier

Draghi show, gela Calenda e attacca Salvini: “C’è chi parla di nascosto coi russi”

La dura conferenza stampa del premier dimissionario. Abbandonato il “tono istituzionale”, ne ha per tutti

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Come sempre accade durante la conferenza stampa, più che l’oggetto dell’incontro coi giornalisti (in questo caso l’approvazione di decreti economici) a tenere banco è tutto quello che gli ruota attorno. E oggi, dismesso il suo abituale abito istituzionale, Mario Draghi ha messo in scena un vero e proprio show fuori dal suo stile. Ne ha per tutti: per chi vorrebbe rinegoziare il Pnrr, per chi non vede nelle sanzioni un’arma efficace, per chi si oppone al rigassificatore di Piombino (“questione di sicurezza nazionale”), per chi ha fatto terrorismo sulle scuole senza insegnanti, per chi ha sparato la clamorosa bufala di finanziamenti russi ai partiti italiani.

La bufala dei finanziamenti russi

Come già confermato da Franco Gabrielli al Copasir, infatti, il dossier Usa sui 300 milioni “investiti” da Putin in diversi Stati del mondo non riguarda l’Italia. Nonostante i titoli di questi giorni di Repubblica&co. Prima di sparare certe illazioni (“L’Italia c’è”), forse si poteva verificare meglio. Oppure aspettare che Draghi facesse quello che poi ha fatto: alzare la cornetta del telefono e chiedere conto a Blinken, colui il quale aveva gettato il sasso nello stagno. “Il segretario di Stato – ha detto Draghi in conferenza, leggendolo però da un foglietto – mi ha confermato l’assenza di forze politiche italiane nella lista di destinatari di finanziamenti russi oggetto di lanci giornalistici di questi giorni”. Una smentita netta, che però non cancellerà certo le illazioni di questi giorni. Blinken, ha aggiunto Draghi, “si è anche riservato di verificare se vi fossero evidenza di finanziamenti in altri documenti a disposizione dell’autorità americana e si è impegnato a verificarlo tramite canali istituzionali”. Però “i vertici dei servizi segreti italiani hanno avuto contatti con gli omologhi Usa e l’intelligence americana ha confermato di non avere evidenza di finanziamenti occulti russi a candidati e partiti politici che competono nell’attuale tornata elettorale”. Quindi calma e sangue freddo.

Con l’occasione, Draghi ha pure fatto una sorta di paternale a chi da un paio di giorni sbraita al timore che Mosca abbia fatto chissà quale ingerenza nella politica nostrana. “La democrazia italiana è forte non è che si fa battere da nemici esterni e pupazzi prezzolati. Dobbiamo essere fiduciosi nella nostra democrazia. Non dobbiamo aver timore di qualunque voce. Negli ultimi 20 anni il governo russo ha effettuato una sistematica opera di corruzione nel settore degli affari, della stampa, della politica in molti Paesi Ue e negli Stati Uniti. Non c’è nulla di cui stupirsi. Ma oggi questa è la situazione”. E non c’è assolutamente nulla.

Draghi gela Calenda, Renzi (e Letta)

Ma forse la più netta delle risposte, Draghi la dà indirettamente a quelli che lo tirano per la giacchetta dall’inizio della campagna elettorale. Inutile nasconderlo, anche perché entrambi ne hanno fatto il fulcro della loro proposta agli elettori: il Terzo Polo, e sotto sotto anche il Pd, sembrano lavorare affinché Supermario possa restare (o tornare) a Palazzo Chigi. Lo schema sarebbe questo, come ipotizzato da Renzi: il centrodestra vince ma non abbastanza da formare il governo, si crea uno stallo e a quel punto si ricreano le condizioni per un esecutivo di emergenza nazionale con a capo l’attuale premier. Bella idea, ma con un piccolo problema: a domanda diretta (“lei sarebbe disponibile a un bis”), oggi Draghi ha risposto con un secco “no”. Certo pure Mattarella si era detto indisponibile a un secondo mandato, ma mai così chiaramente. Fonti del Nazareno fanno sapere che le parole del premier di fatto mandano a monte i piani di Renzi e Calenda, ma un po’ pure i loro. In fondo era stato Letta un paio di settimane fa a dire che Draghi “giocherà un ruolo importante per il nostro Paese anche dopo”.

L’attacco a Salvini

La parte più ruvida della conferenza stampa riguarda però, forse, il rapporto con la Lega. Prima Draghi bacchetta sia il Carroccio che FdI sui rapporti con Orban. “Noi abbiamo una certa visione dell’Europa – ha detto – difendiamo lo stato di diritto, siamo alleati alla Germania e alla Francia. Cosa farà il prossimo governo non lo so. Ma mi chiedo, uno come se li sceglie i partner? Certo, c’è una comunanza ideologica ma anche credo sulla base dell’interesse degli italiani. Chi sono questi partner? Chi conta di più? Datevi le risposte voi”. E poi passa all’attacco di Salvini sulle sanzioni. “Stanno funzionando – ha assicurato – la propaganda russa ha cercato di dimostrare che non funzionano: non è vero. Alcune non funzionano, altre funzionano poco, altre moltissimo. Le sanzioni funzionano, altrimenti non si spiegherebbero certi comportamenti recenti del presidente Putin”. Insomma: su questo punto “il governo non condivide” la posizione del leader leghista. E Draghi ci tiene a sottolineare che nel centrodestra ci sono “tanti punti di vista”. In sostanza: la Lega avrà appoggiato Mosca, però FdI e Forza Italia si sono dimostrate atlantiste. Poi una frase sibillina, che sembra diretta proprio a Salvini: “Il paese che vedo oggi è forte, leale all’alleanza Atlantica e che cresce economicamente, non posso fare previsioni su quello che succede. Non condivido la visione negativa di chi vede che il Pnrr così non va bene e chi parla di togliere le sanzioni e parla di nascosto con i russi, c’è gente che lo fa e c’è gente che non lo fa”.

L’affondo contro Conte

Pur senza citarlo, Draghi ne ha avute anche per Conte. “Nei rapporti internazionali bisogna essere trasparenti, altrimenti gli altri non capiscono: non bisogna fare giravolte, non si può votare l’invio delle armi e dire no, oppure ancora peggio votare contro l’invio delle armi e poi inorgoglirsi per l’avanzata ucraina”. La domanda è durissima: “Si voleva forse che combattessero a mani nude?”. La credibilità internazionale, ha spiegato il premier, “arriva insieme alla trasparenza: se ci si indebolisce fuori ci si indebolisce dentro e questo si ripercuote sulla crescita”.

Il Pnrr: “C’è poco da rivedere”

Sulla questione Pnrr, Draghi non riesce a capire come possa essere una questione “dirimente” per il futuro del Paese. Non comprende, insomma, come possano esserci tante polemiche politiche sul punto. “Quello che si può rivedere è quello che non è stato bandito e visto che tutto è stato bandito, c’è poco da rivedere. Se invece ci sono dei progetti che possono essere sostituiti, si può ragionare”.

Articolo in aggiornamento

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