Cronaca

“È neofascista”. A Nizza censurano la musicista Venezi

Associazioni e comitati di sinistra chiedono di annullare l’invito al direttore d’orchestra italiano

Breve premessa minima. Il cronista, anche in tempi burrascosi, dovrebbe mantenere quel filo di distacco, magari ironico, britannico, dalle cose che racconta, se no lo fraintendono, lo iscrivono d’ufficio a questa e quella parte (anche se non frequenta nessuno e si fa i fatti suoi), lo chiamano esagerato. Così gli viene consigliato al cronista, da immemori dei grandi insofferenti del passato, come Giovannino Guareschi. Solo che questi non sono tempi burrascosi, sono tempi da ricovero coatto e, siccome anche il cronista è fatto di sangue, nervi e di quella faccenda che non si può afferrare ma c’è e si chiama “anima”, finisce che, davanti a certe bestialità monumentali, gli scappano i cavalli. Eccone una, ovviamente da Repubblica, what else? “Francia, ‘No alla neofascista Beatrice Venezi’. Comitato di Nizza chiede di annullare il concerto della direttrice d’orchestra”.

Bene. Ditemi voi come fa uno intellettualmente appena onesto a non dare di matto: un comitato di esagitati nizzardi vuol democraticamente vietare a un direttore d’orchestra di tenere il concerto di Capodanno, tra 5 mesi e mezzo, considerandola d’autorità una camicia nera con la bacchetta. Chi c’è al comitato di Nizza, l’Anpi? Ma andiamo avanti. “Dodici associazioni e comitati antifascisti e per la democrazia della città di Nizza chiedono al comune e al teatro dell’Opera della città francese che il concerto diretto da Beatrice Venezi, previsto per il prossimo Capodanno, venga annullato. La consigliera per la musica del governo Meloni guiderà l’Orchestra sinfonica nel concerto di Capodanno. “Separare musica da politica”, commenta l’Opéra della città francese. Ad aprile era stata contestata a Limoges”.

Perché al cronista scappano i cavalli, e anche qualche moccolo (niente paura: Casarini a forza di smadonar in Veneto è arrivato fino al Sinodo)? Perché, semplicemente, le cose storte non gli sono mai andate giù e qui più che storte sono schifose: c’è tutto che non va, c’è una malafede che è grande come la via Lattea; e c’è, volendo, la malafede spicciola, microbica di Repubblica che, quando le comoda, adotta l’aplomb dei nudi fatti, tanto parlano quelli e assecondano la sua visione, che è scorretta al limite del pusillanime. Impedire a un’artista di esibirsi nel nome della democrazia. Farla cacciare in quanto “neofascista” pontificando la separazione della musica dalla politica: che pena, davvero, davvero comunista. Davvero lingua di legno, degna delle peggiori infamie sovietiche.

Quella propensione a mentire, sempre, come si respira, e mandare a morte chi non si adegua. Quella smania di censura, di epurazione che nasconde squallidissime ragioni di bottega, vendette personali, volgarità morali da abisso. Tutto molto comunista, tutto molto disgustoso. Questa Beatrice Venezi è certamente una che si piace, che sa cavalcare la notorietà, che sa curare le pubbliche relazioni; qualcuno la considera più bella che adatta a dirigere un’orchestra, altri scommettono sulla sua preparazione (Morgan non fa testo, fa solo a testate con l’arte), ma il punto non è questo, anche se dovrebbe essere solo questo: uno, una, non la contesti su un palco se non per motivi squisitamente artistici: o è brava o non è in grado, fine della storia. Non la neofascista, aderente a un partito neofascista: che poi, udite udite, sarebbe Fratelli d’Italia, la cui leader in otto mesi ha confermato di essere meno a destra di tanti di sinistra.

Ovvio che tutta questa strampalata operazione sia un pretesto per creare fastidi e per rinfrescare quella expertise militante che ormai fa solo pena. La Venezi venne a tenzone con la Monica Cirinnà, ed è tutto dire, coi collettivi femministi, con le esagitate che le contestavano la percezione, “io non sono una direttora o direttrice, io sono un direttore d’orchestra”: “Ah!, avete visto, ce l’ha col gender, è transofoba, una donna che si sente una donna e si fa chiamare direttore, bisogna farla fuori!”. E dove va a suonare, immancabilmente l’accolgono con gli strepiti bavosi di Bella Ciao, Bandiera Rossa, l’Internazionale. Ecco, il livello è questo; è sempre questo. Allora, il cronista ce li ha o non ce li ha i suoi motivi per incazzarsi di conseguenza? A prescindere dalla politica che proprio non gli interessa?

Qui non è questione di ricamarci sopra col filo dell’ironia, non ce la si può sempre cavare così, ci sono cose naturalmente ridicole, che si prestano allo sberleffo, e ce ne sono altre che fanno semplicemente schifo e allora lo dici, non te lo tieni in gola questo schifo. Giorgia Meloni è piena di consiglieri e consigliori, tutti hanno qualcosa da proporle, spunti, bisbigli, suggerimenti, chi scrive non è della fitta schiera e non ha mai consigliato un potente in vita sua anche perché non ne ha mai frequentato mezzo, neanche per procura. Però una cosa alla leader, se mai ci leggerà, chi scrive si sente di rivolgerla. Noi vediamo che la nostra premier si spolmona a viaggiare per il mondo, cercando di tessere alleanze e magari anche per il sollievo di restare lontana da una compagine ministeriale che a volte, ipse dixit, a Sallusti, brilla per coglionaggine: sono scelte, coraggiose, discutibili, condivisibili, adattabili, ma, può crederci, se ne faccia una ragione: può anche fare il giro del mondo in 80 volte, non la accetterano mai e non perché neofascista, una menzogna cui non crede per primo chi la erutta. Ma perché la considerano una usurpatrice, il potere è loro e l’insegnamento leninista e staliniano li porta sempre ad agire nella più sporca malafede.

Con i nizzardi, i francesi, i tedeschi che fecero cascare Berlusconi via finanza e via Ue, con la stessa Unione, che sta sopra, sotto e dentro tutto questo sconcio, non si ragiona: loro odiano e giocano sporco e basta. E, se possono, prendono pure un direttore d’orchestra con la gonna per fare del male. Con la gonna che sia donna, questo dev’esser chiaro: si fosse trattato di una direttora con la gonna con sotto la bacchetta da 20 cm, allora tutto andava a posto e, dato il caso specifico, si poteva soprassedere, si poteva cercare altro. W la Venezi!

Max Del Papa, 10 luglio 2023