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È preferibile il peggior sistema democratico o la migliore autocrazia?

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Domanda imbarazzante e imbarazzata: è meglio il peggior sistema democratico o la migliore autocrazia? La domanda è circolata in questi giorni in cui le alleanze strette con l’Impero Romano, cioè gli Usa, ci hanno costretti a sputare su Putin e a caricarlo di contumelie. Senza poter neanche sentire, causa schieramento senza se senza ma, la famosa Versione di Barney, in questo caso Vladimir Vladimirovic. La risposta alla domanda, spontanea e di primo acchito, è: meglio l’ipotesi uno, certo, sicuro, ovvio. Solo che, a mente fredda, risulta retorica. Il sistema democratico è, sì, il migliore. A patto che funzioni.

Abbiamo visto proprio nelle elezioni presidenziali americane che si può barare al gioco e che mezzo continente rimane ancora oggi convinto che le cose non sono andate come sono sembrate. Per venire all’Italia, di quale sistema democratico stiamo parlando? Chi ci comanda, la prima cosa che ha fatto è blindarsi. E, se potremo toglierceli dai piedi, sarà solo se e quando lo diranno loro. Per sostituirli con chi dicono loro. Come nel famoso gioco delle tre carte, dove il banco vince sempre. Non ricordo neanche più quando siamo stati governati da un premier eletto dal popolo e non dai «mercati», dalla Ue, dagli «investitori internazionali», dai «poteri forti» e compagnia brutta.

Nell’Ottocento noi peninsulari siamo stati convinti con le buone (ma anche con le cattive) che essere comandati da uno nato in Italia era sempre meglio dello «straniero». E continuiamo a cantarlo nell’Inno. Si chiamava nazionalismo ed era la cosa più cretina che si potesse immaginare. Ma se uno si azzardava a solo sussurrare che l’amministrazione asburgica funzionava meglio di quella piemontese finiva al muro. E pure sparato finiva il meridionale che avesse osato avanzare lo stesso ragionamento riguardo ai Borboni. Nel Medioevo, quando le ideologie non avevano ancora plagiato nessuno, il podestà veniva chiamato da fuori. Un autoctono forse, sì, conosceva meglio il «territorio», ma avrebbe finito per favorire la sua consorteria. Ora, mi si dia pure del putiniano, non mi importa. Ma quell’uomo ha raccattato la Russia-straccio e «ludibrio delle genti» di Eltsin e l’ha riportata al rango di potenza mondiale. E questo è un fatto.

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