La Germania scava un’altra trincea di difesa contro l’attacco di Unicredit a Commerzbank. Dopo l’ira di Berlino che ha subito bollato l’operazione come un atto ostile, a parlare ieri è stato il presidente del consiglio di sorveglianza della banca preda Jens Weidmann. Il banchiere che negli equilibri della governance duale parla a nome degli azionisti di Commerz, ha detto chiaro e tondo ad Andrea Orcel che così non si fa.
Perché come avviene in ogni relazione se l’inizio è fallimentare poi è molto difficile e occorre “molto lavoro” per stabilire “abbastanza fiducia” da poter ricucire un “colloquio costruttivo”, affonda il colpo Weidmann, che però per un decennio ha guidato da Bundesbank usando proprio gli artigli del falco per imporre la linea del rigore a tutta Europa. E penalizzare i Paesi indebitati come l’Italia.
Insomma, Unicredit ha usato la forza al posto del dialogo politico, quando ha scalato Commerzbank in occasione della sua privatizzazione da parte del governo di Olaf Scholz poi andato in crisi. Ad oggi Orcel possiede, tra azioni e derivati il 28% di Commerz e quindi è a ridosso della soglia (30%) oltre la quale scatta l’obbligo di Opa.
Ma Weidmann lancia un messaggio obliquo, avverte che le offerte ostili difficilmente creano valore. Esattamente quello che non può permettersi che accada Orcel, perchè significherebbe far perdere smalto al titolo in Borsa.
Orcel è infatti impegnato anche a comprare Banco Bpm, proprio con un’offerta carta contro carta. Una mossa che sconquassa i piani del governo Meloni per costuire attorno a Mps il terzo polo bancario italiano alle spalle di Intesa e della stessa Unicredit.
Il banchiere tedesco, secondo alcuni osservatori sembra però lasciare la porta aperta a una sorta di ravvedimento operoso da parte di Unicredit. Spiega al quotidiano tedesco Handesblatt che “nelle fusioni” è “importante che il management si parli prima in uno spirito di fiducia e sviluppi un’intesa comune”. Cosa che Orcel non ha fatto e questo, rimarca Weidmann, non va per nulla bene.
Va notato che Weidmann sceglie il termine fusione, non “acquisizione” o “take over”. In sostanza chiede di riequilibrare i rapporti di forza e che Orcel bussi alla porta per chiedere il permesso di entrare. Commerz vende quindi cara la pelle sia a livello politico sia finanziario.
Facile immaginare che l’oggetto del contendere, a parte il prezzo di concambio che disegnerebbe i pesi degli azionisti nell’eventuale fusione, riguarderà sia la governance (quindi i posti in consiglio di amministrazione) sia la tutela dell’occupazione. Così da placare la politica e i sindacati ora scatenati complice la campagna elettorale in corso per le politiche.
Non per nulla il banchiere arriva a sostenere che, una volta assorbita in Unicredit, Commerz peserebbe meno nel panorama tedesco, penalizzandone la piazza finanziaria. Una posizione difficile da sostenere considerando che la banca preda sarebbe fusa con Hvb, l’attuale avamposto tedesco di Piazza Gae Aulenti, creando la prima banca del paese davanti a Deutsche Bank.
Un problema quindi tutto politico, per risolvere il quale – fa capire Berlino – occorrono i toni della diplomazia. E non la forza finanziaria data dal mero computo delle azioni. In ogni caso Orcel, che ha già chiesto alla Bce l’autorizzazione a raggiungere la soglia del 30%, se convertisse il suo intero pacchetto di derivati in azioni assumerebbe una posizione egemone in assemblea in agenda il prossimo 15 maggio.
Se l’acquisizione del Banco Bpm andrà in porto malgrado il suo amministratore delegato Giuseppe Castagna non stia lasciando nulla di intentato per fermare quella che l’istituto definisce una “killer acqusition” volta solo ad eliminare un concorrente, gli analisti ritengono che Orcel potrebbe completare l’offensiva in Germania dopo la pausa estiva.
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Berlino potrebbe però rispondere ricorrendo all’equivalente del Golden power in salsa teutonica. E legare le mani a Orcel. Probabilmente sedersi a un tavolo conviene a tutti.
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