L’inasprirsi dei conflitti in corso, a partire dall’escalation tra Israele-Iran e dalla minaccia nucleare russa, continuerà ad avvolgere le Borse in un clima instabile e ad alta volatilità, cioè contraddistinto da tanti repentini quanto violenti cambiamenti delle quotazioni sia in positivo sia in negativo. Malgrado la variabile delle elezioni americane, il deciso taglio dei tassi deciso dalla Fed e la discesa dell’inflazione rappresentano tuttavia un ottimo punto di partenza per continuare a investire in azioni, purché che la situazione geopolitica non veda altri focolai di crisi. Ne parliamo con Alex Tedder, Co-Head of Equities del big del risparmio britannico Schroders.
Una economia da “Riccioli d’oro”
La riduzione di mezzo punto percentuale decisa dalla banca centrale americana ha superato le aspettative del mercato e contribuisce a mantenere una situazione di equilibrio tra bassa inflazione e moderata crescita. Insomma, un’economia dai “riccioli d’oro” che “sarà di supporto ai mercati e positiva nel breve termine”, assicura Tedder notando come il contesto creatosi sia “incoraggiante” anche per le azioni, malgrado le valutazioni raggiunte siano in alcuni casi generose. A patto, però, di affidarsi a un bravo consulente finanziario e di avere cura di calibrare e diversificare il portafoglio sulle proprie esigenze e sul proprio profilo di rischio. Molto preziosi sono anche per questo i fondi, che offrono un’ampia diversificazione a livello globale: questo consente di ridurre il livello di rischio e permette di cogliere, con maggiore probabilità, le migliori opportunità sul mercato.
Non più solo intelligenza artificiale
Finora a fare la parte del leone in Borsa è stata la tecnologia e in particolare le Big tech, che da sole nella prima parte dell’anno hanno prodotto più della metà dei rendimenti dello Standard & Poor’s 500, il principale indice di Wall Street. La correzione della scorsa estate, spiega Tedder, equivale tuttavia a un segnale: forse, è giunta l’ora di piantare nel proprio giardinetto anche i “semi” di altri settori. Comparti che al momento sono trascurati ma che, proprio grazie alle valutazioni di partenza “molto attraenti”, potranno rifiorire in futuro con una ovvia soddisfazione del risparmiatore. Tutto questo non significa certo smettere di credere nelle prospettive della intelligenza artificiale, su cui al contrario Tedder specifica di rimanere “molto positivo”. Va però detto – prosegue – che quest’anno i tre maggiori hyperscaler (centri dati dall’enorme capacità di calcolo) spenderanno miliardi nello sviluppo dell’intelligenza artificiale e che tutto lascia pensare che non riusciranno almeno nel breve temine a tradurre tale impegno in una crescita dei ricavi di pari intensità. Pertanto, avverte l’esperto – la redditività sottostante al settore sta diminuendo così come il rendimento del capitale investito. Bisogna monitorare se questo andrà a scapito degli azionisti.
Effetto Trump e protezionismo improbabile
Passiamo ora ad analizzare la grande variabile delle urne americane. Quando Donald Trump è stato eletto nel 2016, le Borse hanno rapidamente premiato i settori potenzialmente beneficiati dalle politiche protezionistiche del tycoon e della sua “America First”. A ben vedere è stato però un cambiamento dal fiato corto e che, secondo Tedder, non si ripresenterà anche nel caso The Donald tornasse alla Casa Bianca perché “il mercato lo sta già prezzando”. Sia Trump sia Kamala Harris, una volta seduti nello Studio Ovale, non disporranno infatti di “molto spazio di manovra da un punto di vista politico o fiscale”, ricorda Tedder. Poiché il protezionismo finirebbe per trasformarsi in una tassa per i consumatori e quindi diventare recessivo, facendo perdere consensi. Quindi, il pallino sarà lasciato nelle mani della Fed e della sua politica monetaria che, dopo aver spento l’incendio della super inflazione, è appunto in fase di discesa per sostenere il Pil.
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