Educazione finanziaria

Allarme Consob: “La Borsa non è una sala giochi”

Smartphone e influencer alimentano il rischio della gamification dei servizi finanziari. Ma a pagare sono i piccoli risparmiatori

borsa savona © claudiodivizia tramite Canva.com

La democratizzazione del mondo degli investimenti, basata sull’accesso ai mercati finanziari tramite smartphone e guidata dai social media, rischia di trasformare le Borse in una sala giochi su scala planetaria. Dove a vincere è l’azzardo anzichè l’attenta pianificazione finanziaria basata sui consigli di un bravo consulente di fiducia.

L’unico modo per cercare di posizionarsi sul punto più adatto a ciasuno lungo  la curva rischio-rendimento che domina le Borse. Al contrario se la finanza fino a qualche tempo fa poteva  essere considerata una sorta di irrisolvibile quiz per gli italiani privi di educazione finanziaria, ora è diventata persino un videogioco.

Si tratta della “gamification“, corrispondente all’italiano “ludicizzazione” dei mercati finanziari, suona l’allarme la Consob nel suo ultimo Quaderno Giuridico. Un modo dove ormai sempre più spesso la decisione di investire rischia di essere presa con la stessa leggerezza con cui si partecipa a un videogioco.

Magari attratti da specifiche politiche di marketing – basate su premi virtuali o punteggi fedeltà – e calamitati da qualche convincente o magari suadente “fininfluencer“, che  dispensa consigli via web mostrando mirabolanti quanto supposti guadagni.

Peggio del Casinò, quindi. Va da sè, infatti, che se la Borsa è vissuta come un videogame diventa esponenziale il rischio di fare la fine del parco buoi e di restare imprigionati nel mattatoio delle perdite perchè ci si è mossi in evidente ritardo rispetto a chi guida il gregge, che invece incassa. O peggio perché si è proprio sbagliato mossa.

Non per nulla la stessa Commissione presieduta da Paolo Savona ricorda nel documento di rado il servizio proposto è davvero gratuito. Insomma: “Se su internet trovi qualcosa gratis, molto spesso il prodotto sei tu”.

Per contrastare la gamification dei mercati e del mondo delle finanza in genere è urgente una maggiore trasparenza informativa a tutela dei risparmiatori. Così da porre un argine anche al rischio di conflitti d’interesse.

Perchè la Borsa non è e non può diventare una slot machine. Deve piuttosto far leva sulla consapevolezza dei rischi connessi con le pratiche della ludicizzazione finanziaria, che tende a creare l’illusione di un mero gioco laddove invece si muovono soldi veri.

Questo non significa – aggiunge chi scrive – che non si possa guardare con interesse al Bitcoin, che con il ritorno di Trump alla Casa Bianca ha aggiornato il suo massimo storico a 109mila dollari o interrogarsi sul boom della criptomeme lanciata dalla first lady Melania. Occorre però grano salis.

La bolla di GameStop, alimentata da alcuni acquisti canalizzati tramite alcune piattaforme social, e il suo successivo doloroso scoppio avrebbe insomma dovuto insegnare qualcosa, così come i Tango bond. Invece non è così. Dietro al fenomeno del copy trading, ovvero la pratica di replicare le strategie di negoziazione altrui, mettendosi in scia tramite i social ad un finfluencer, c’è però il più delle volte un operatore non professionale.

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Persone, mette in guardia Consob, che potrebbero perseguire prioritariamente obiettivi di profitto personale in contrasto con l’interesse dei suoi seguaci. A cui si somma il problema dei costi occulti, a partire dal cosidetto Payment for Order Flow (Pfof) a suo tempo formulato dal finanziere Bernie Madoff e morto in carcere negli Usa, connesso con i volumi di scambio.

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