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Perché è il momento di investire anche fuori dalle Borse

Le Borse, regolamentate da precise norme e monitorate da Authority che ne garantiscono la trasparenza, sono considerate il luogo principe dove investire, meglio se con l’ausilio dei fondi comuni e di un consulente di fiducia così da poter diversificare al massimo il portafoglio e calibrarlo sulle proprie reali esigenze grazie a una corretta pianificazione finanziaria. Piazza Affari, il London Stock Exchange, Wall Street o gli altri listini non sono però l’unica strada da percorrere, anzi si fanno interessanti le opportunità prospettate dagli investimenti nei mercati privati (in inglese “private asset”), come ad esempio le infrastrutture o le aziende non quotate. Non a caso si sente sempre più parlare Venture Capital, o di Private Equity, in cui start-up e aziende che hanno bisogno di crescere raccolgono finanziamenti tramite canali, appunto, privati. Storicamente questi mercati sono stati appannaggio dei grandi investitori istituzionali, ma oggi novità normative e innovazioni di prodotto li stanno aprendo anche agli investitori individuali. Una svolta molto importante, spiega il colosso mondiale del risparmio Schroders, considerando la frenata negli ultimi anni delle quotazioni in Borsa. Una “crisi di vocazione”, dovuta a maggiori addii (in gergo “delisting”)  e minori collocamenti (Ipo, Initial public offering), che riduce la presenza sui listini di settori molto promettenti su cui investire. Il risultato: le Borse rappresentano solo la punta dell’iceberg del sistema economico.

 

L’emorragia dai listini

Il crollo delle “iscrizioni” è una tendenza globale per i listini di Borsa: se nel 1996 c’erano oltre 2.700 società quotate sul mercato principale della Borsa di Londra, alla fine del 2022 si erano ridotte a 1.100  (-60%) e nello stesso periodo sono scese del 40% negli Stati Uniti. Senza contare che sovente le Ipo, pur con qualche eccezione come di recente il produttore di chip Arm, sono modeste in termini di denaro raccolto. Tutto questo si traduce nel fatto – spiega Duncan Lamont, capo della ricerca strategica di  Schroders – che le Borse includono ormai solamente una parte ridotta dell’universo aziendale. Basti pensare che nel mondo le aziende quotate sono 41 mila, contro 214 milioni di società private. Questo è dovuto a una somma di ragioni, a partire dagli aumentati costi e dalle difficoltà di essere una public company; a questo si aggiunge il fatto che un numero crescente di società trova una valida alternativa di finanziamento nel private equity, che vale ormai oltre 7.500 miliardi di dollari a livello globale, contro i 500-600 degli anni duemila.

 

Un problema per i piccoli risparmiatori

Se le aziende migliori o più innovative trovano pochi motivi per quotarsi in Borsa, il rischio è però che, con il tempo, la qualità dei mercati pubblici si deteriori, avverte Lamont. “E, se ciò dovesse accadere – prosegue l’esperto – i rendimenti dei mercati azionari pubblici potrebbero diminuire in modo strutturale rispetto a quanto avviene invece nel private equity”. Ecco perché, laddove possibile, è opportuno che gli investitori amplino il loro raggio di diversificazione.

 

L’occasione ELTIF

Le autorità di regolamentazione e gli asset manager hanno risposto a questa sfida creando nuovi veicoli di investimento. Un esempio è costituito dagli ELTIF (European Long-term Investment Fund), introdotti dall’Unione Europea proprio per facilitare il finanziamento del tessuto imprenditoriale. In Europa, la maggior parte delle aziende è costituito da piccole e medie imprese, in molti casi controllate da famiglie e fondatori. In questo spazio si muove il primo Fondo di Investimento Europeo a Lungo Termine di Schroders, denominato Schroders Capital Private Equity ELTIF 2023. Il fondo si concentra su PMI di alta qualità di diversi settori – dall’industria ai servizi, dai beni di consumo alla tecnologia fino alla sanità – in cerca di un partner per finanziare i propri progetti di crescita. L’orizzonte temporale è compreso tra i 3 e i sette anni. È infatti bene ricordare che si tratta di fondi chiusi, che quindi vincolano il capitale nel medio-lungo termine, e con limiti di concentrazione rispetto al portafoglio complessivo dell’investitore. Conoscerne le caratteristiche e avere un profilo di rischio adeguato è la premessa alla base dell’investimento in questi promettenti strumenti, capaci di riservare opportunità esclusive e svincolate dai mercati tradizionali.

 

Perché è il momento di investire anche fuori dalle Borse

 

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