Economia

Classe media dissanguata dalle tasse. Ecco i numeri del fisco dracula

Solo il 14% dei contribuenti dichiara più di 35mila euro lordi, ma versa il 62% dell’Irpef. E la sola Lombardia paga più di tutto il Sud

La classe media porta sulle proprie spalle, maltrattata come un somaro, la gran parte del peso dell’Irpef. La verità è nei numeri: sebbene presi dieci contribuenti siano solo 1,4 quelli che dichiarano redditi lordi oltre i 35mila euro, questi stessi assicurano al fisco ben oltre la metà del gettito dell’imposta sui redditi delle persone fisiche. Per la precisione il 62,5%.

A fare i conti è la società di ricerca Itinerari Previdenziali, aggiungendo come invece quattro italiani su dieci dichiarino al fisco meno di 15mila euro (42,6% del totale, compreso chi non versa nulla) e quindi contribuiscono appena per l’1,7% al gettito dell’Irpef. Insomma poco più di “noccioline”. Dietro cui si nasconde, senza nulla togliere all’importanza della solidarietà tra i cittadini, un enorme trasferimento di ricchezza in termini di welfare, istruzione, infrastrutture e delle altre funzioni pubbliche. Senza contare che la classe media è proprio quella considerata  “ricca” e quindi non ha finora goduto nè del taglio del cuneo nè degli altri benefici fiscali abbozzati dal governo in attesa di una vera rivoluzione fiscale.

 

Il totale dei redditi prodotti nel 2021 e dichiarati nel 2022 ai fini Irpef, si legge nello studio di Itinerari Previdenziali, è ammontato a 894 miliardi. Il gettito è così risultato in crescita a 175 miliardi, considerando sia l’imposta ordinaria sia le addizionali di Regioni e Comuni. In parallelo i dichiaranti sono saliti a 41,4 milioni e i contribuenti che versano almeno un euro di Irpef,  a 31,3 milioni: il massimo dal 2008. A ciascun contribuente, corrispondono però di fatto 1,427 abitanti.

Se ci sono pochi dubbi che il fisco pesi soprattutto sulla classe media, ancora di più l’equità fa a pugni con la cartina del Paese: il Nord, infatti, contribuisce all’Irpef per 100 miliardi, pari al 57% del totale, mentre il Centro (38 miliardi) e il Sud (36 miliardi) portano più o meno il 21% ciascuno. Non solo, la Lombardia versa da sola 40 miliardi di Irpef malgrado abbia poco meno di 10 milioni di abitanti. Quindi i cittadini lombardi pagano sia dell’intero Mezzogiorno, che pur ha il doppio della popolazione, sia del Centro Italia (11,8 milioni di persone).

 

Così il fisco in base alle fasce di reddito

 

Questi dati “parlano chiaro. Siamo ormai in presenza di due forti disuguaglianze: da un lato abbiamo i contribuenti onesti, dall’altro mezzo Paese dimenticato, che si pensa di aiutare con i sussidi, invece che con gli investimenti”, commenta Stefano Cuzzilla, presidente di Cida, la confederazione sindacale che riunisce i dirigenti e i quadri al lavoro nelle realtà pubbliche così come in quelle industrie. “Se perdiamo il ceto medio, perdiamo stabilità sociale e ipotechiamo il futuro”, avverte Cuzzilla, ricordando come la classe media si sia vista penalizzata anche sul fronte della rivalutazione delle pensioni.

 

Il costo della vita è esploso per tutti e i consumi latitano. Tanto che l’economia italiana è tornata a zoppicare: solo dell’0,7% la crescita del Pil ormai attribuita al Fondo monetario internazionale per l’anno in corso. La previsione segue i segnali di allarme già scattati sia sul mercato immobiliare sia sulla tenuta di un sistema industriale composto da piccole e medie imprese. Ma c’è un altro fattore che dovrebbe far riflettere: secondo quanto sostenuto ieri notte sempre dal Fmi la manovra approvata dal governo non contiene le riforme necessarie per la crescita. Che cosa stiamo aspettando? Stangare ancora sigarette e fumatori non serve, così come è controproducente considerare i proprietari di seconde case alla stregua di Bancomat da cui prelevare con Imu e cedolare secca. Le riforme necessarie al Paese sono altre, a partire da quelle contro la malaburocrazia e per rilanciare le vere liberalizzazioni.

 

 

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