Economia

La malaburocrazia ci costa il doppio di chi non paga le tasse

Da inefficienze, appalti non pagati, giustizia lumaca e trasporti pubblici bloccati un danno da 180 miliardi

© Imilian, Andrii Yalanskyi e ayagiz tramite Canva.com

La malaburocrazia non solo è uno dei fattori che rallentano di più la competitività del sistema Italia, ma costa ai contribuenti 184 miliardi all’anno. A stimare il danno economico delle “distorsioni” provocate dalle inefficienze nel rapporto “dare-avere” tra i cittadini e lo Stato è la Cgia di Mestre. Un bel problema, soprattutto se sommato ai continui rialzi dei tassi da parte della Bce che stanno mandando al tappeto le pmi  e all’atteso rincaro dei costi dell’energia (quindi delle bollette di luce e gas) dopo la guerra scatenata dai terroristi di Hamas contro lo Stato di Israele e la sua popolazione civile.

 

Gli stessi artigiani veneti aggiungono una provocazione: il costo della cattiva burocrazia ammonta a più del doppio rispetto al danno provocato alla collettività da chi non paga le tasse. Il ministero dell’Economia calcola infatti in poco più di 84 miliardi il mancato gettito dell’evasione fiscale. In sostanza, sebbene la Pubblica Amministrazione mostri punti di eccellenza su scala europea in settori come la Sanità o la Ricerca, troppo spesso lo Stato fa più male a se stesso con le sue inefficienze di quanto non facciano i cittadini che dribblano le tasse.

 

Diciamolo chiaramente: l’infedeltà fiscale è una piaga sociale che penalizza i più deboli, perché riduce la qualità dei servizi offerti dal Pubblico. Lo Stato dei mille campanili però ce la mette tutta per non fare ciò che dovrebbe, complice una ragnatela di norme e codicilli che farebbero impazzire il più appassionato dei legulei. Per dimostrarlo la Cgia ha messo in fila alcuni dati elaborati da fonti terze come The European House Ambrosetti, Eurostat, il ministero della Giustizia e il Gimbe. Eccoli:

  1. il costo annuo sostenuto dalle imprese per la gestione dei rapporti con la Pubblica Amministrtazione è pari a 57,2 miliardi;
  2. i debiti commerciali della PA nei confronti dei propri fornitori ammontano a 49,6 miliardi;
  3. la lentezza della giustizia costa al sistema Paese due punti di Pil all’anno, pari a 40 miliardi;
  4. ogni anno la sanità brucia sulla fiamma di inefficienze  24,7 miliardi;
  5. il trasporto pubblico locale spreca ogni anno 12,5 miliardi.

 

Non che questo voglia essere un calcolo scientifico, anche perché di certo la somma algebrica è viziata da inevitabili sovrapposizioni, ma se il dato quantitativo è impreciso, quello qualitativo tratteggia bene il problema: resistono sperperi e scartoffie che ostacolano la modernizzazione del nostro Paese e il suo sviluppo. Esattamente l’opposto di quello che ha bisogno l’Italia per trarre profitto dalla Manovra appena varata dal governo, pur tra le difficoltà delle famiglie ad acquistare casa e delle imprese a fare fronte alle bollette e al calo del business (come scrive questo albergatore del lago di Garda  a “Inchiostro e Affari”). La burocrazia e i suoi sperperi sono anche  l’opposto di quello che ci chiede S&P dopo aver sbugiardato le cassandre del rating.

In sintesi: l’evasione è un problema da estirpare, ma la grande sfida del governo resta di mettere a punto una macchina pubblica precisa, efficace ed efficiente. Così da dare maggiore energia a chi lavora, a chi produce, e quindi al Pil.

 

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