Economia

Guerra, inflazione, stop al grano, meno gas e svolta elettrica, sarà la Cina a dettare le regole?

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Due anni e mezzo senza tregua, prima la pandemia che ha spaventato i mercati ed ha anche fatto da spartiacque tra la fine dell’era analogica inquinante e l’inizio della digitale green, almeno nelle intenzioni perché pare che sia meno green della precedente secondo le parole di Akio Toyoda, CEO Toyota e presidente di Japan Automobile Manufacturers Association; poi il conflitto in Ucraina con tutto ciò che ne consegue, soprattutto in termini di approvvigionamento di materie prime, ed infine il blocco posto dai russi all’esportazione del grano e la diminuzione delle forniture di gas, il tutto appesantito dall’annunciato aumento dei tassi e fine del QE sia in Europa che in USA, aree in cui l’inflazione ha rotto gli argini di sicurezza; e come ciliegina sulla torta l’annuncio dello stop alle auto a motore termico a partire dal 2035 deciso dalla UE.

In questo contesto, in cui non manca proprio nulla, lo spettro di una recessione diventa sempre più concreto, soprattutto per i Paesi del bocco occidentale, considerando che la Cina è praticamente autosufficiente e che la Russia è colpita dalle sanzioni che, almeno per ora, non hanno ottenuto gli effetti annunciati ma addirittura il contrario, ovvero un rafforzamento del rublo (di circa il 40% nei confronti di euro e dollaro) ed una ghiotta occasione per la Russia di accumulare scorte di valuta estera attraverso l’imposizione da parte di Putin ai paesi importatori di pagare il gas, e petrolio, in rubli.

Sebbene la Cina, secondo molteplici fonti, avrebbe preso le distanze dalla Russia (ma non è proprio così data la recente alleanza anti – USA tra Cina e Russia denominata GSI, Global Security Initiative), è in ogni caso l’attuale arbitro o ago della bilancia che ha la capacità sia economico-finanziaria, ma soprattutto commerciale e militare, per decidere le sorti dei mercati ed un futuro non lontano in merito ad energie alternative e risorse preziose cosiddette rare vista la leadership sui territori ricchi di elementi necessari per microchips, batterie per auto (e dispositivi elettronici) e soprattutto ad un passo dall’annunciata annessione di Taiwan per la quale vi è alta tensione con gli USA da tempo.

Com’è noto a tutti Taiwan è una Silicon Valley mondiale attraverso cui passa gran parte della produzione tecnologica di tutto il pianeta, e non a caso la Cina ha iniziato da anni azione di accerchiamento e provocazione al fine di giustificarne una non remota invasione adducendo il pretesto che quell’isola le appartiene e che nessuno deve interferire in questa eventuale operazione, parole queste di Xi Jinping che hanno lanciato una nuova mina vagante in un momento in cui il pianeta vive un periodo di instabilità mai visto prima d’ora e che contrastano però con quanto dichiarato dopo l’invasione russa, ossia un ammonimento per Putin reo di non aver rispettato la sovranità territoriale dell’Ucraina.

Ciò è un chiaro ed inequivocabile segnale che esterna le intenzioni della Cina che pretende di essere la nazione che decide le sorti del mondo, sia perché ne ha la potenza economica sia perché chiunque si interponga al fine di modificarne i piani è stato già velatamente minacciato.

Ma non è tutto, la Cina detiene anche gran parte del debito pubblico USA, e non solo, e ciò è un’ulteriore arma di ricatto latente che all’occorrenza può essere tirata fuori, come accadde ad esempio nel 2008 nel periodo della crisi Lehman; inoltre ha acquisito in tutto il mondo importanti infrastrutture strategiche e stipulato alleanze commerciali sottomettendo paesi più deboli ma ricchi di risorse per le quali si è assicurata l’esclusiva.

Ed in tutto ciò l’Europa e gli USA? Di certo non stanno alla finestra ma hanno ben poche armi al momento, e lo si è visto anche dai recenti crolli dei mercati di riferimento non solo dovuti al timore dell’inflazione ed aumento dei tassi ma soprattutto per le conseguenze che la guerra ha generato, e che potrebbero causare crisi occupazionali dati gli elevati costi che le aziende devono sostenere per mantenere la produzione.

Inoltre il blocco imposto dai russi sull’esportazione del grano causerà inevitabilmente un aumento dei prezzi di primari prodotti alimentari, oltre a mettere in crisi la FAO che provvede ad alleviare la fame nel mondo appunto inviando grano a nazioni del terzo mondo in difficoltà; ma in merito a questa criticità la Russia ha mostrato apertura.

La realtà, piaccia o meno, è che sarà la Cina a dettare modi e tempi di ripresa dei mercati, a regolare eventuali recessioni ed a decidere quale tipo di futuro digitale ed energetico dovremo attenderci e pertanto … a partire dalla inevitabile crisi di conversione che colpirà il settore automotive occidentale, di cui l’Italia è leader per i componenti, alla luce delle ultime decisioni UE, e passando per il controllo indiretto delle forniture di gas e petrolio, attraverso accordi di supporto alla Russia, ed essendo interlocutore privilegiato per molti paesi  produttori mediorientali, per finire con la paventata annessione di Taiwan, Xi Jinping avrà praticamente il controllo quasi totale sia dei mercati finanziari, sia dell’approvvigionamento di materie necessarie alla produzione di componenti elettronici necessari per il progresso sia delle risorse necessarie per la transizione energetica che a dire la verità, mia opinione personale, è l’anello debole di questa trasformazione mondiale perché il petrolio avrà ancora lunga vita (a tal proposito invito a leggere articolo pubblicato lo scorso febbraio a questo link:)

Come regolarsi sui mercati? Questi sono momenti in cui si possono cogliere innumerevoli opportunità essendo però esposti a rischi maggiori a causa di instabilità ed eventuali speculazioni che non mancano mai, soprattutto in vista di importanti tornate elettorali come le politiche in Italia e le midterm USA fondamentali per comprendere quali direzioni prenderanno due paesi chiave sullo scacchiere mondiale, il nostro per la posizione strategica e la non semplice esposizione in termini di rapporto debito/PIL e gli Stati Uniti in quanto appunto Stati Uniti.

La migliore strategia per chi è fuori sarebbe l’attesa in questo momento, almeno finché non arrivino segnali direzionali derivanti dallo scioglimento dei nodi che tengono in tensione i mercati; è altresì naturale che chi è stato colpito dalle ultime repentine discese ha mediamente perso i profitti accumulati durante l’ultimo anno e mezzo, fino allo scoppio della guerra, e pertanto potrebbe anche uscire in pari e stare un attimo alla finestra.

Naturalmente per coloro che sono avvezzi a cogliere le opportunità avendo le spalle larghe per sopportare un livello di rischio elevato questo è un ottimo momento per entrare in determinati settori ma tenendo conto delle incognite che all’improvviso potrebbero far cambiare direzione ai nostri investimenti, quindi ai primi segnali d’inversione delle piccole ricoperture di bilanciamento; se ci affidiamo invece al risparmio gestito questo è il classico momento dei fondi long-short.


Antonino Papa, 20 giugno 2022

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