Economia

In un Tweet la Russia indica come arrivare alla pace. L’esempio di Paolo VI

Gli sforzi propagandistici della Russia si sono intensificati dalla fine di marzo, dopo aver visto con il passare delle settimane, in cui erroneamente forse erano convinti di rapida liquefazione della resistenza militare, che la narrazione portata avanti dal presidente ucraino Zelensky riusciva a conquistare in Europa e negli Stati Uniti un’audience decisamente più ampia del previsto.

Un’attenzione crescente da parte dell’opinione pubblica digitale che sin da subito è riuscita a incidere sull’intensità e sulla tempestività delle decisioni assunte dai diversi governi e leader, nonché dalle multinazionali e dai Ceo, spinti a parteggiare apertamente per il popolo ucraino.

E non solo perché emotivamente e oggettivamente l’essere umano è propenso a pendere e prendere le parti delle vittime biasimando sempre l’aggressore di turno, ma appunto anche per la scelta miope della propaganda putiniana di spingere e confinare le sue ragioni nel recinto del pericolo neonazista.

Un pericolo che palesemente non poteva attecchire, se non in alcune sacche minoritarie e partigiane dell’opinione pubblica, uno spauracchio che nella percezione occidentale è apparso sin da subito come un rammendo strumentale, una motivazione rabberciata se confrontata alla potenza di fuoco che l’invasione militare sta rappresentando.

Eppure, il Ministero degli Esteri e le singole ambasciate russe nei diversi Paesi occidentali hanno tessuto unicamente i fili di questo racconto apparso agli occhi degli europei alquanto claudicante, incerto e per nulla convincente.

Ma, poi, commettendo un secondo errore più grossolano del primo, hanno più volte fatto ricorso a un patrimonio storiografico e iconografico degli anni ’40, ’50 e ’60 del secolo scorso che ovviamente non è di alcun aiuto per le generazioni a vocazione digitale che di quelle storie e di quella storia ha una conoscenza fragile.

Richiamare, come nel tweet pubblicato lo scorso 28 aprile, le sofferenze patite dal popolo nord vietnamita a causa dell’intervento americano cosa produce in termini di ampliamento del consenso alla causa russa? Al più questo e altri post e tweet possono polarizzare quella nicchia di utenti già schierati a favore di una parte o dell’altra.

Oppure, sempre il 28 aprile quando l’account ufficiale del Ministero degli Esteri russo pubblica le foto dell’avanzata dell’armata sovietica in Germania durante il secondo conflitto mondiale.

Il giorno prima, siamo al 27 aprile, invece c’è il tweet con la foto dell’incontro avvenuto nel 1966 tra Papa Paolo VI l’allora Ministro degli Esteri dell’Unione Sovietica Andrey Gromyko. Ancora, il 21 aprile, per celebrare il settantasettesimo anniversario dell’ingresso delle truppe dell’Armata Rossa a Berlino, sull’account vengono pubblicate altre foto dei carri armati sovietici.

Il punto come detto però è che questo richiamo cronologico alla prima vittoria contro il Nazionalsocialismo hitleriano sbandierato dalla propaganda russa difficilmente potrà essere funzionale a spostare una quota di sentiment dell’opinione pubblica occidentale verso Mosca.

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