Economia

Microsoft nei guai con l’Antitrust per Teams. Ma così l’Ue fa harakiri

Quando l’Europa smetterà di regolamentare per iniziare a innovare?

antitrust microsoft teams ue © mattjeacock e 4-Your-Eyes-Only tramite Canva.com

L’Antitrust europeo non si dà pace. Ventiquattro ore dopo Apple per il suo App Store, è Microsoft a finire nelle sue forche caudine per la piattaforma di collaborazione Teams. La minaccia è sempre la stessa, una mega-multa fino al 10% del fatturato mondiale.

Nel caso di Microsoft, che ha chiuso lo scorso anno con un giro d’affari ai massimi storici per 211 miliardi di dollari, significa quindi una sanzione fino a 21 miliardi. Ma la stangata può salire al 20%, quindi 42 miliardi, in caso di recidiva.

In sostanza, se andranno in porto, le due multe ad Apple e a Microsoft frutterebbero a Bruxeless perlomeno come due-tre leggi finanziarie italiane.

In particolare, il big di Remond guidato da Satya Nadella avrebbe calpestato la libera concorrenza, collegando Teams alle altre sue applicazioni contenute nei pacchetti Office 365 e Microsoft 365, che vende alle aziende.

Insomma, Teams avrebbe avuto un vantaggio indebito, ritiene Bruxeless nel proprio parere preliminare che corona una indagine fatta scattare dal ricorso di rivali come Zoom e Slack.

Microsoft ha già apportato alcune modifiche alle due suite per ridurre il legame con Teams, ma secondo l’Antitrust europeo non basta.

Qui però vale un’altra riflessione: davvero l’Europa con il Digital Markets Act è convinta di poter fermare il futuro? L’innovazione, la scoperta – come è dimostrato fin nella notte dei tempi con il ciclo odissiadico – sono multiformi, liquide.

L’innovazione come l’acqua in un allagamento in casa cerca e trova quindi comunque un pertugio da cui passare. Il mare non si può imbrigliare con una rete o peggio con un setaccio di regole, che al massimo sono utili per togliere qualche alga di troppo.

E non è finita qui. Perché i cervelloni europei già meditano di aprire un fronte Antitrust anche contro l’intelligenza artificiale, visto il caso Nvidia-Open Ai. Nel frattempo altri sul pianeta inventano i computer quantici che rivoluzioneranno le nostre vite.

Senza contare che Apple, proprio davanti alla alzata di scudi europea, ha già deciso di rinviare il debutto della sua Apple intelligence sui iPhone, iPad, e iMac del Vecchio continente.

Se Apple e Microsoft hanno sbagliato, hanno violato le regole, è giusto che siano sanzionate. Ma anzichè scervellarsi tanto nel tentativo, chiaramente destinato al fallimento, di ingabbiare l’intelligenza artificiale con il primo regolamento al mondo, non sarebbe meglio che l’Europa partorisse qualcosa di suo di veramente nuovo? Avesse per esempio un proprio campione da opporre a ChatGPT?

Uno storico adagio, riportato qualche giorno fa dal Wall Street Journal recita: “L’America innova, la Cina replica, l’Europa regolamenta”. Vogliamo andare avanti così?

Saremo sempre relegati a essere un fanalino di coda, costretti a rincorrere a corto d’ossigeno i genietti della Silicon Valley, ad assistere impotenti al dominio di Amazon nei nostri acquisti mentre ci lagnamo perché muore il negozio sotto casa.

Saremo continuamente costretti a mettere i dazi contro le auto elettriche di una Cina “fabbrica del mondo” che sfrutta un costo del lavoro e una disponibilità di materie prime per noi impensabile.

Per approfondire leggi anche: Bruxelles stanga Apple con una multa da 1,8 miliardi. Qui, invece, il pallido tentativo dell’Unione Europea di mettere in gabbia l’intelligenza artificiale con un sistema di regole e cavilli.

In questo modo continueremo a vedere scappare i nostri migliori cervelli in quella che è una grande emigrazione della conoscenza senza ritorno. In barba a tutto quello che ci raccontiamo sulla scienza e sulle discipline STEM.

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