Economia

PNRR ed Enti locali: un’opportunità per far fronte alla “Questione meridionale”

TRA SVILUPPO DEI TERRITORI E RIDUZIONE DEL DIGITAL E TERRITORY GAP

Economia

Il Presidente del Consiglio Draghi è stato chiaro nel presentare il Pnrr alle camere: “Gli enti locali sono i veri attuatori del Piano”. Tanti e tanto profondi sono, infatti, gli interventi posti in capo alle autorità territoriali da renderli il vero e proprio punto centrale dell’intero pacchetto di riforme. Ad essi, infatti, compete l’attuazione del 39,5% dei fondi, pari a 87,4 miliardi di euro.

Alla luce della consistenza di questi fondi, della forte presenza del digitale, della transizione ecologica e della mobilità sostenibile, il Pnrr rappresenta anche l’occasione per molti territori depressi del nostro Paese di ridurre il gap economico, sociale e competitivo e di favorire una maggiore competitività delle imprese e l’inclusione socio economica dei cittadini. Ciò che, inevitabilmente, stando ai rapporti Svimez ed Eurispes riguarda particolarmente il Sud.

 

Lo testimonia anche il recente studio 2021 dell’Eurispes in cui è evidenziato che “È indubbio che la disunità economica e sociale dell’Italia resta ancora oggi il limite strutturale più evidente e meno affrontato“.”La più grande incongruenza del nostro Paese – premette l’istituto di ricerca – è che una parte di esso (pari al 41% dell’intero territorio) vive in condizioni sociali, economiche e civili così dissimili da farla sembrare quasi una nazione a parte“. Condivido infatti il ragionamento per cui “La coesione dell’Italia è la nostra più grande riforma economica (da favorire proprio grazie ai fondi del Pnrr), il superamento del divario la nostra strategia più lungimirante“. Sull’esempio di quanto avvenuto in Germania con la riunificazione. “In Germania Est si è investito in 30 anni quasi 5 volte più di quello che si è speso in circa 60 anni nel Sud d’Italia, cioè tra i 1.500 e i 2.000 miliardi di euro”. Per loro il Recovery Plan c’è già stato, per noi può arrivare a nei prossimi cinque anni.

 

La questione è essenzialmente di vitale importanza, anche perché secondo le stime prodotte dal Ministero per il Sud e la coesione territoriale (perché di coesione territoriale e sfilacciamento del tessuto sociale che si tratta): se gli investimenti del Pnrr al Sud saranno realizzati tutti, in quei territori ci sarà un incremento del Pil del 24% contro una media nazionale del 15%. Sembra fantascienza. Ma per la prima volta si invertirebbero ruoli e gli enti locali del Sud potrebbero avviare un’inversione di tendenza che col tempo se ben gestita potrebbe diventare anche strutturale.

 

Vi è però un passaggio fondamentale cui dobbiamo dare seguito per permettere che i fondi europei non vadano dispersi ma anzi investiti efficacemente nei nostri territori, ovvero favorire la crescita delle competenze digitali e tecnologiche orientate alla competitività delle imprese e all’efficienza delle amministrazioni locali.

 

L’economia della conoscenza è, infatti, diventato il tratto distintivo della competizione internazionale, tanto da indurre molti accreditati analisti a definire in questi termini anche i recenti conflitti commerciali in corso in varie aree del globo, un appuntamento al quale l’Europa e l’Italia con l’insieme dei suoi territori locali non può certo mancare.

 

A questo proposito, sotto l’egida del Ministero dello Sviluppo economico, è in corso di costituzione una rete di 50 centri per il trasferimento tecnologico che saranno tenuti ad operare “in una logica di aggregazione e consolidamento delle competenze” alle quali, ritengo dovrebbero essere abbinata una rilevante partecipazione e complementarietà degli enti locali.

 

La parola d’ordine deve essere potenziamento ed estensione alle comunità locali e territoriali di competenze attraverso lo svolgimento di iniziative mirate di formazione, valutazione e orientamento indirizzate a loro e alle imprese che operano nei territori sulle tecnologie abilitanti la trasformazione digitale.

 

Lo scopo dovrebbe essere quello di realizzare un livello efficace di collaborazione tra enti, imprese, università e amministrazioni. A questo scopo non partiremmo certo da zero. Sul territorio italiano vi sono già numerosi centri di competenza digitali pronti a fornire supporto agli enti territoriali proprio per dare attuazione alle profonde riforme previste dal Pnrr, in particolare in materia di innovazione tecnologica.

 

Tempo fa, prima che lo scenario sul Pnrr fosse ancora chiaro, in un mio editoriale su Milano Finanza lanciai l’idea di una parziale riconversione – soprattutto in termini di competenze – di alcuni uffici comunali proprio al fine di essere più ricettivi e proattivi nello svolgimento delle loro funzioni di sostegno alle imprese locali. Ritengo, infatti, che le “istituzioni di prossimità territoriale” debbano cavalcare la digital transformation a supporto delle PmI nel passaggio epocale che stanno affrontando. Si tratta anche in questo caso di una necessità più impellente al Sud che al Nord se pensiamo che solo il 60% delle imprese di quell’area ha un sito internet e che il bisogno di supporto (e non di assistenzialismo) da parte degli enti pubblici è forse più forte che altrove.

Lo stesso discorso vale per quanto riguarda la gestione delle risorse del Pnrr perché senza adeguate competenze tecniche (ma non solo) molto difficilmente gli enti locali a tutti i livelli saranno in grado di pianificare attività, monitorarne adeguatamente la realizzazione, dare sostegno attivo e costante alle imprese e alle comunità locali e, in generale, di cogliere le opportunità che dovessero presentarsi, e che non saranno certo poche.

 

La speranza è che gli enti territoriali riusciranno a gestire tali ingenti fondi in un modo migliore e più efficace rispetto alla prova che è stata data per lungo tempo – a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione – e con grande disparità tra le regioni, ad esempio, nell’ambito sanitario e recentemente anche per quanto riguarda l’emergenza covid. Da questi provvedimenti parte a tutti gli effetti la ripresa del nostro Paese che, una volta di per tutte, non può più davvero fare a meno del Mezzogiorno.

 

Maurizio Pimpinella