FinanzaRisparmi e investimenti

Non cercare l’ago nel pagliaio, compra l’intero pagliaio

A volte capita che in una settimana o poco più occorrano diverse ricorrenze con un significato particolare, e in questi giorni ce ne sono alcune molto interessanti.

La prima data da rilevare è il 2 Dicembre: in quella data, nel 2001, assistevamo al fallimento di una delle più grandi aziende americane dell’epoca, la Enron (ne ho già parlato in passato).
Enron era uno dei giganti del settore energetico made in Usa guadagnando nel trading sulle differenze di prezzo tra domanda e offerta nel settore dell’energia; il capo, Kenneth Lay, fu in effetti un innovatore, in grado di “trasformare il gas in oro”; grazie alla deregolamentazione del settore energetico e all’appoggio dell’establishment politico, soprattutto repubblicano, lautamente foraggiato dalla Enron stessa. L’azienda diventò una potenza, controllando un quarto del settore del gas naturale.
Enron comprava e fondava società in tutto il mondo (molte in paradisi fiscali), i suoi manager guadavagnano cifre superlative raddoppiando, triplicando o quadruplicando lo stipendio grazie ai lauti bonus erogati dalla compagnia.

Il prezzo delle azioni passò da 20 a 90 dollari per azione dal 1997 al 2000 e la corsa sembrava – come spesso in questi casi – inarrestabile.

Peccato che fosse tutto falso: manipolazioni di mercato (alcuni dirigenti chiesero ad una società di gestione del gas di provocare black-out per tenere alti i prezzi), attività contabili e utili gonfiati artificialmente, debiti e perdite nascosti in oscietà off-shore.

Quando, all’inizio dell’estate del 2001 l’euforia iniziò a calare, gli investitori vennero rassicurati: le azioni avrebbero presto raggiunto i 100 dollari.

Il 14 agosto il Chief Operating Officer Jeff Skilling, che era uso dire: “Ci ho pensato molto e sono giunto alla conclusione che contano solo i soldi, con i soldi ci compri la felicità”, annunciò le dimissioni, il prezzo scese sotto i 40 dollari; il 16 ottobre Enron dichiarò una perdita di  618 milioni di  dollari e  svalutò il  capitale  di 1,2 miliardi,  l’8 novembre  la  società corresse i profitti dichiarati l’anno  precedente, il 2 Dicembre  la Enron  portò i libri in tribunale: i debiti  della società (grazie al  prezioso “aiuto” di  una nota  società di  revisione), dichiarati in 13 miliardi, erano in realtà di 38 miliardi di dollari; alla fine del 2001 le azioni Enron valevano 30 centesimi…

Ah, ultima cosa, moltissimi dei suoi 20.000 dipendenti videro azzerati i loro fondi pensione, che avevano investito pesantemente in azioni Enron…

 

La seconda data è il 5 Dicembre 1996: l’allora Presidente della Federal Reserve Alan Greenspan, intervenuto a un convegno dell’American Enterprise Institute a Washington parlò per la prima volta – riferendosi alla repentina, e apparentemente senza sosta, salita dei mercati – di “esuberanza irrazionale” degli stessi.

La locuzione divenne ben presto famosa e, anche se i mercati  se ne disinteressarono, da allora viene usata quando ci si riferisce a periodi storici in cui i mercati sembrano salire senza motivazioni particolari ma spinti soltanto dal desiderio di salire ancora più su.

 

La terza data è l’11 Dicembre 2008: quel giorno l’FBI arrestava il finanziere e gestore patrimoniale Bernie Madoff, ex direttore del Nasdaq.

In pochi giorni la sua colossale truffa da quasi 65 miliardi di dollari, architettata con un colossale “schema Ponzi”, era venuta a galla.

Lo schema Ponzi, che deve il suo nome a un italiano immigrato in America agli inizi del ‘900, consiste nel promettere fraudolentemente agli investitori alti guadagni che vengono pagati non con il rendimento degli investimenti ma con i soldi dei nuovi investitori. Lo schema regge, ovviamente, fintanto che si trovano nuovi clienti; nel momento in cui, invece, i rimborsi superano le nuove sottoscrizioni, il sistema salta.

Per anni la “Bernard Madoff Investment Securities” crebbe di dimensioni; astutamente Madoff non prometteva guadagni del 20-30% l’anno come altre società di hedge fund ma vantava (apparentemente) ritorni del 10% all’anno, riuscendo così ad attirare e poi truffare numerosi e ricchissimi clienti privati ed istituzioni finanziarie come: Unicredit (75 milioni di euro), Banco Popolare (8 milioni), Royal Bank of Scotland (oltre 400 milioni di euro), BBVA (300 milioni), Natixis (445 milioni) e HSBC (oltre un miliardo di dollari); e poi Steven Spielberg, Kevin Bacon, Kyra Sedgwick, John Malkovich.

Madoff oggi è in carcere, condannato a 150 anni di prigione.

 

Le similitudini con la situazione attuale? Beh, forse non si intravede – per fortuna – nessun Madoff all’orizzonte, anche se le trappole delle tante pubblicità di siti che sponsorizzano il trading on line come facile sistema per arricchirsi dovrebbero preoccupare i risparmiatori.

Invece, tornando ad Alan Greenspan quella che ritroviamo in questi giorni post-annuncio dei vaccini e quell’euforia (esuberanza irrazionale appunto) che caratterizza alcuni settori in particolare nei listini, soprattutto in America. Titoli come Zoom (la società la cui piattaforma di videoconferenze ha raggiunto la notorietà quest’anno a causa della nota pandemia), salito dai 70 dollari di inizio anno agli oltre 560 di metà ottobre (per poi ridiscendere agli attuali 410 dollari), con ricavi balzati a oltre 700 milioni di dollari (e utili netti per 200 milioni) e che capitalizza in borsa oltre 100 miliardi…

all’ancora più strabiliante Snowflake, società di data-warehouse, che collocata al New York Stock Exchange il 16 settembre 2020 a un prezzo iniziale di 120 dollari ha raddoppiato il suo prezzo nel primo giorno di contrattazione e oggi quota 387 dollari, ha riportato ricavi record nel terzo trimestre per 160 milioni di dollari ma ne vale ormai 105 miliardi in borsa e – al prezzo attuale – quota 219 volte le sue vendite.

Nell’epoca d’oro della bolla internet, a inizio 2000,  la Cisco System (allora il più grande titolo sul mercato con oltre 500 miliardi di market cap) valeva 39 volte le sue vendite…

È il caso di fare attenzione! È in questi momenti che investitori meno esperti si affacciano sui mercati pensando di fare il colpaccio e di arricchirsi velocemente e spesso invece si scontrano con la brutalità dei mercati.

 

La frase della settimana: la speculazione è il tentativo di trasformare una piccola somma in una fortuna.
L’investimento è impedire a una fortuna di tramutarsi in una piccola somma.
Fred Schwed Jr.

 

www.nicolaporro.it vorrebbe inviarti notifiche push per tenerti aggiornato sugli ultimi articoli