Futuro

Buttate giù quel muro per favore!

Futuro

L’amico Andrea Granelli dice che viviamo tempi “anfibi” a differenza di “ibridi” la cui provenienza dal latino Hibrida vuol dire “bastardo”.

Vivere in tempi anfibi, multiambientali, non è semplice. Sono tempi in cui ti sbattono in faccia verità di cui non sentivi alcun bisogno e allo stesso tempo una valanga di bugie, diffuse senza alcuna vergogna. Ecco, se devo pensare ad una linea di demarcazione fra questo secolo e quello precedente, la individuo nella morte della vergogna.

Ogni Paese, ogni popolo, aveva il suo personale concetto di vergogna ma qui pare che, complice la globalizzazione della comunicazione,  sia sparito contemporaneamente da ogni dove.

Dunque, oggi ci troviamo ad affrontare la situazione nuova di essere umani anfibi che devono comunicare sia in presenza, come facevano gli antenati, sia a distanza, come abbiamo imparato durante la pandemia. E questo è un bene.

Poi però, sempre come anfibi, dobbiamo affrontare verità che ci sovrastano con la loro crudezza e falsità che ci turbano perché le percepiamo come vere. Le falsità raramente riguardano le buone notizie e, come la vecchia scuola insegna, fai scorrere il sangue e aumenterai l’attenzione su qualsiasi cosa.

Morta la vergogna e avendo strumenti di comunicazione mai così invasivi da quando l’uomo è comparso sulla terra, ecco che il mondo ci appare terribile. Fra noi e la certezza del domani, o se preferite la speranza del domani, si erge un muro sinistro, impalabile come fosse fatto di fumo ma vischioso ed impenetrabile. E’ il muro della paura.

Ieri ero a cena con un vecchio amico, forse la persona più razionale che io conosca che, durante la cena, raccontava a suo figlio, un brillante matematico che lavora nell’industria dell’intelligenza artificiale, di una intrigante riunione a cui aveva partecipato poche ore prima. Era organizzata da una grande banca italiana ed il direttore della rete parlava della “fabbrica della paura” che, senza sosta, fabbrica i fili che poi ci immobilizzano e tendenzialmente ci impediscono di andare avanti. Un’immagine terrificante ma molto suggestiva ed ispirante soprattutto quando, ad un certo punto, pare abbia tirato fuori le grandi forbici del papà sarto, invitando tutti ad un taglio metaforico di quei fili. Meraviglia.

E’ singolare che un messaggio così forte e pop, non venga fatto all’interno di un partito rivoluzionario o nelle aule di un’università ma bensì dentro una banca.

A volte la storia prende strade bizzarre lungo il suo cammino.

Oggi è il 9 novembre e per me non è solo il giorno del mio compleanno ma una data che mi ricorda tanti eventi cruciali della storia di cui l’ultimo risale al 1989.

Vi ricordate dove eravate il tardo pomeriggio del 9 novembre 1989?

Credo di no. Non ci furono aerei che si infrangevano sulle torri ne terremoti devastanti.

Eppure, quel giorno, la storia si manifestò in tutta la sua potenza dirompente.

Io lavoravo nel settore formazione di un’azienda che allora si chiamava Programma Italia. Stavo preparando proprio un lavoro sulla storia, che avrei presentato in una convention nazionale poche settimane dopo. Ricordo tutta l’eccitazione mentre battevo a macchina l’ordine per una barca di mogano a cui avrei allegato un assegno di acconto. Ero nell’ufficio di Porto San Giorgio e con me c’erano Paola che mi dava una mano con i documenti, poi Fabrizio Fini e Gigi Concetti che erano nelle loro stanze.

Parlai al telefono con il boss, Antonio di Battista per la presentazione. Una straordinaria normalità.

A qualche migliaio di km di distanza, a Berlino est, un funzionario del DDR, Günter Schabowski, è incalzato dai giornalisti sulle riforme che dovevano riguardare la libera circolazione dei cittadini in Europa. Fra questi c’è Riccardo Ehrman, corrispondente dell’Ansa che, stufo delle tiritere burocratiche di Schabowsk, chiede diretto: – Ma insomma queste riforme da quando avranno effetto? Schabowski, che era stato mandato lì dai grandi capi per prendere tempo, non sa cosa rispondere e gli scappa un: “ab sofort”! Da subito!bProbabilmente era l’ultima cosa che voleva dire ma gli scappò e la frittata era fatta.

I corrispondenti si precipitarono ai telefoni e alle telescriventi. Partirono le edizioni straordinarie dei tg che il muro non poteva bloccare e tutta Berlino Est ascoltò che la libertà era arrivata e che si poteva andare a Berlino ovest senza il pericolo che i Vopos ti sparassero alle spalle. Quando tornai a casa c’era Paolo Frajese sul tg1 che dava la notizia, senza immagini di copertura. Qualche ora dopo, una giovane Lilly Gruber, raccontava l’esplosione di felicità di una città finalmente riunita. Francamente non percepimmo subito che fosse accaduto qualcosa di epocale.

Io ero molto concentrato sulla presentazione che dovevo completare, su finire di pagare la barchetta di mogano e sull’auto nuova che avevo ordinato già da sei mesi ma non arrivava, con quel suo nuovo accessorio incredibile che sarebbe stato il telefono veicolare. Guardavamo non più lontano del nostro ombelico e non capivamo che quel muro non era caduto solo per i berlinesi ma per il mondo intero.Oggi la gran parte dei cittadini del mondo sta da quella parte del muro della paura che non lascia intravedere chi c’è dall’altra parte.

Chi sono e come vivono le persone che stanno costruendo un mondo nuovo fatto di piccole e grandi rivoluzioni tecnologiche, di nuove visioni dell’equilibrio fra natura ed esseri umani, il preludio di qualcosa di più bello e più giusto.Il muro della paura è come l’ingresso del binario 91/2 di Henry Potter. E’ solido e impenetrabile per chi non sa guardare oltre. Ma se lo affronti con decisione, se ti butti contro, dimenticando per un attimo la paura stessa, esso si dissolve e ti lascia passare. Cosa c’è dall’altra parte? Non lo so esattamente. Mi piacerebbe essere stato a quella riunione raccontata dall’amico.

Mi piacerebbe che qualcuno mi raccontasse le meraviglie del futuro prossimo. E di sicuro voglio mettermi sul tavolo da lavoro un bel paio di forbicioni. Sono stufo di fare il burattino e voglio correre a buttar giù quel muro!

Giuseppe Mascitelli, 9 novembre 2022

 

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