Tempesta giudiziaria investe come un tifone il porto di Genova…Con titoli analoghi a tutta pagina, la maggior parte dei media italiani aveva per giorni sintetizzato l’effetto deflagrante dell’inchiesta sul porto che aveva portato agli arresti del presidente dell’Autorità di sistema portuale, Paolo Emilio Signorini, del Presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, e di uno dei più noti imprenditori portuali, Aldo Spinelli.
Ebbene quel tifone potrebbe essere derubricato a una tempesta equatoriale, se confrontato con le ricadute amministrative che quell’inchiesta sta provocando in queste ore prospettando una totale e assoluta rivisitazione degli assetti del porto, delle concessioni, delle presenze di operatori internazionali (oggi più che mai costretti a ripensare le storiche diffidenze rispetto a investimenti di lungo periodo in Italia) e dei poteri sul mercato più delicato e più importante, quello dei container.
La miccia alle polveri è stata data da una Sentenza del Consiglio di Stato, che ha accolto un ricorso del terminal Sech, rovesciando un precedente giudizio del Tribunale amministrativo, e ha giudicato illegittima, cancellandola, la concessione rilasciata dall’Autorità portuale all’imprenditore Spinelli. Motivazione: secondo quanto previsto dal Piano regolatore portuale, in quelle aree prospicenti la Lanterna, si possono movimentare merci varie, merci alla rinfusa e carichi rotabili. Tutto, meno che i container.
240 milioni pagati per non muovere un container
Ma proprio sui container era cresciuto in questi anni l’intero castello di carte che è crollato ieri: sul presupposto di un polo container, per altro destinato a essere protetto dalla nuova Diga in costruzione, il colosso tedesco Hapag Lloyd aveva pagato a un Fondo di investimento e a Spinelli la somma di 240 milioni di euro per potersi giovare di una concessione che oggi a tutti gli effetti “non esiste più”. Se nel breve periodo, forse, sarà trovato un escamotage giuridico anche per garantire l’occupazione dei 700 dipendenti della Spinelli, di certo a saltare è l’intera reazione a catena, che si sarebbe basata sull’integrazione di Spinelli con il terminal rinfuse (50% Spinelli e 50% MSC) e quindi con la nascita di un secondo polo container nel cuore del porto.
Dal punto di vista formale e sostanziale oggi il porto di Genova, in attesa che venga completato il terminal Bettolo, assegnato a MSC, è per quanto riguarda i container monopolizzato dalla Psa (Porto of Singapore Authority) che gestisce il mega terminal Genova-Prà (un milione di metri quadri) e il terminal Sech (200.000 metri quadri), la cui integrazione societaria era stata a sua volta oggetto di grandi contestazioni proprio per il paventato rischio monopolio. E oggi sul Sech incombe anche un possibile nuovo Piano regolatore ch vieterebbe i container privilegiando il traffico passeggeri trasformando la sentenza di oggi in una vittoria di Pirro anche per chi apparentemente l’ha conseguita.
Nel terminal Spinelli spazio per Grimaldi?
Ma la reazione a catena potrebbe coinvolgere anche gli altri terminal, come l’Intermodal Marine Terminal del gruppo Messina, che potrebbe fornire un’ancora di salvezza alle navi della tedesca Hapag in odore di sfratto dal terminal di cui è azionista e che ora potrebbe scoprire di aver comprato a un prezzo iperbolico solo la quota di una società di trasporti camionistici. E proprio nel terminal Spinelli potrebbero crearsi spazi di manovra per il gruppo Grimaldi che da anni rivendica un posto in cui operare nel porto di Genova con le sue navi ro-ro.
La bufera potrebbe poi estendersi a La Spezia, dove da mesi si parla di una possibile risistemazione azionaria del terminal container oggi controllato dal gruppo Contship (a sua volta di proprietà della tedesca Eurokai) con una partecipazione del 40% di Msc. E questo terminal con le scosse di assestamento che inevitabilmente subirà Genova potrebbe essere appetibile per grandi carrier inclusa la stessa Hapag Lloyd.
Infine Msc, indicata come playmaker del porto di domani è oggi confinata per i container alla sola calata Bettolo (in accogliere navi grandi solo a condizione che venga costruita la nuova diga) e di certo non si straccia le vesti dalla disperazione alla uscita di scena di un concorrente scomodo come il Terminal Spinelli.
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La tempesta amministrativa si abbatte sul porto a pochi giorni dalla consultazione elettorale, rimescolando una volta di più le carte e riportando alla luce concessioni di 6 o 7 anni fa, così come la matrice politica delle concessioni stesse (Signorini era stato nominato presidente e confermato nel ruolo da due ministri PD, Del Rio e De Michelis); in ciò rendendo inaffidabile per gli investitori internazionale, specie se sedotti da bona fide, interventi sulle banchine italiane, ma anche ponendo la gestione commissariale del porto difronte a scelte complicatissime; a partire dalla presa d’atto che una delle principali concessioni sulle quali si basava lo sviluppo del porto di Genova, non esiste più, ma uomini, lavoratori, merci, container che su questo terminal sono concentrati una risposta in qualche modo dovranno averla. Pena un flop che avrebbe ripercussioni negative anche sul piano delle grandi opere infrastrutturali in primis la Diga, in un momento di riassetto delle alleanze sulle rotte del traffico container, riassetto che già a gennaio sfocerà nella nascita di Gemini, il patto fra Hapag e Maersk.