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L’Europa con 50 anni di ritardo si interessa dell’industria del mare

Il commissario Tzitzikostas (turismo e mobilità sostenibile) risponde al Manifesto delle industrie cantieristiche e tecnologiche

Che si muove anche di notte e non sta fermo mai…Così il cantautore Paolo Conte sintetizzava il timore che la gente di terra e di campagna provava e prova per il mare. Per l’Unione europea ci sono voluti circa 50 anni per togliersi questo timore e capire (forse) , che senza una politica marittima quello che resta dell’Europa (e che non si chiami burocrazia) è destinata a far ben pochi passi avanti.

Il 19 luglio, 34 importanti leader dell’industria europea delle tecnologie marittime (cantieri navali e produttori di attrezzature marittime) avevano inviato una lettera a Ursula von der Leyen, esortando la prossima Commissione europea a varare “una nuova strategia industriale marittima europea per sostenere adeguatamente il settore”.

E’ imperativo salvaguardare l’autonomia strategica dell’Europa e rafforzarne la capacità industriale e la leadership tecnologica nel settore marittimo – sostenevano i 34 firmatari fra cui anche Pierroberto Folgiero, amministratore delegato di Fincantieri.

E oggi, miracolosamente, la montagna dell’euroburocrazia ha partorito un topolino. Piccolo, piccolo, ma tale da far dire a Sea, l’associazione che raggruppa chi si occupa ai massimi livelli anche di alta tecnologia marina, che qualcosa si muove.

La risposta del commissario Tzitzikostas

Lenin affermava che “la fiducia è il bene, ma il controllo è il meglio”.  E forse i manager della Sea dovrebbero seguire questo consiglio, anche dopo che il commissario europeo Apostolos Tzitzikostas, ha risposto all’appello lanciato a luglio dall’industria del mare, annunciando oggi l’elaborazione di una nuova strategia industriale marittima per rafforzare la competitività, la sostenibilità e la resilienza del settore manifatturiero marittimo europeo”.

Che questo obbiettivo faccia parte del mandato del Commissario designato per il trasporto sostenibile e il turismo, non è del tutto rassicurante. Ma è comunque un segno visto che da due anni gli appelli dell’industria del mare, eccezion fatta per quelli sui carburanti alternativi, sui fumi e sulle varie misure green destinate a mortificare ulteriormente la competitività delle attività marittime europee, sono puntualmente cadute nel vuoto.

Il manifesto di Sea Europe

SEA e quindi i leader delle principali imprese che hanno nel mare il loro fattore comune, hanno presentato alla Ue un  Manifesto di SEA Europe, che delinea il loro “piano strategico per consolidare l’Europa e quella che dovrebbe (ma non è) essere una leadership mondiale nella costruzione di navi complesse e nella produzione di attrezzature”

Obiettivo: riconquistare entro il 2035 anche i segmenti strategici o emergenti della cantieristica e delle riparazioni navali.

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Come dimostra il settore automotive la fissazione di date e anni per la svolta (in quel caso elettrica) , non porta bene, e l’idea che l’industria cantieristica e della componentistica navale europea possa risalire posizioni in un momento in cui la cantieristica cinese si è divorata il 70% di commesse e che coreani e giapponesi si combattono a colpi di tecnologia è  a dir poco aleatoria. E ciò nonostante che in alcuni settori di nicchia, come quello delle crociere e in parte della difesa, le industrie europee viaggino ancora con il vento in poppa.

L’importanza strategica della cantieristica

Nel Manifesto, Sea Europe aveva sottolineato l’importanza strategica cruciale della cantieristica e della sua catena di approvvigionamento per la difesa, l’autonomia strategica, la leadership marittima globale, la transizione gemellare e la prosperità economica dell’Europa. Considerando le ambizioni di decarbonizzazione e digitalizzazione dell’UE e le sfide di competitività e sicurezza che il settore marittimo deve attualmente affrontare, l’Europa dovrebbe agire rapidamente per assicurarsi di mantenere e consolidare una forte capacità industriale marittima, sia civile che militare. “Pertanto – recitava il Manifesto – chiediamo alla prossima Commissione europea di emanare con urgenza una nuova strategia industriale marittima europea per sostenere adeguatamente il settore”. Sottolineando come questa richiesta sia sostenuta anche dal Consiglio dell’Unione Europea nelle sue conclusioni su “Un’industria europea competitiva alla guida del nostro futuro industriale verde, digitale e resiliente” (24 maggio) e dal Parlamento Europeo nella sua risoluzione su “Costruire una strategia portuale europea globale” (17 gennaio).

Produzione militare e produzione commerciale

Il Manifesto è anche un elogio del “duale”, ovvero della interoperabilità fra cantieristica commerciale e quella militare “strettamente collegate, con una fertilizzazione incrociata di innovazioni e catene di fornitura che si sovrappongono. Questa fertilizzazione incrociata è una risorsa per l’Europa che non deve andare persa. Per questo motivo, è estremamente importante che l’Europa salvaguardi la sua capacità industriale di costruzione navale civile per mantenere in sicurezza la sua capacità di difesa navale. La dipendenza dell’Europa dal commercio marittimo è profonda.

Secondo Sea “l’autonomia strategica dell’Europa nella costruzione e riparazione navale, così come la sua attuale leadership tecnologica marittima, sono minacciate da una concorrenza sleale di lunga data. Le pratiche distorsive, tra cui i sussidi e il protezionismo commerciale, minano continuamente la parità di condizioni a livello globale per i cantieri navali europei, mentre i produttori di attrezzature marittime si trovano ad affrontare ostacoli commerciali crescenti. Senza misure adeguate e settoriali, la capacità industriale marittima dell’Europa è destinata a ridursi ulteriormente e persino a scomparire in un momento di tensioni geopolitiche e di opportunità commerciali derivanti dalla transizione verde e digitale”.

Scacco in 4 mosse, se c’è la scacchiera

Il piano di SEA si basa sui seguenti elementi:

  1. Sovranità industriale e competitività: Introdurre i requisiti del “made in Europe” nei mercati strategici degli appalti pubblici e fornire incentivi finanziari e fiscali agli armatori affinché costruiscano e riadattino le navi in Europa, con l’obiettivo di garantire una massa critica di cantieri nazionali, rafforzando così la sicurezza dell’approvvigionamento europeo.
  2. Quadro normativo di sostegno: Creare un’alleanza industriale e una legge sull’industria marittima per sostenere la causa commerciale delle navi sostenibili e digitalizzate e creare il quadro collaborativo necessario per il successo.
  3. Leadership tecnologica: Continuare a sostenere la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione nelle tecnologie marittime attraverso meccanismi di finanziamento dedicati, per garantire che l’Europa rimanga all’avanguardia della tecnologia marittima.
  4. Forza lavoro qualificata: Promuovere il mantenimento, l’aggiornamento e la mobilità della forza lavoro in Europa attraverso iniziative mirate e programmi educativi.

Ma, mani avanti, e pronti a una ennesima caduta contro il muro di gomma di Bruxelles “Se non si agisce con decisione, si rischia di rinunciare alla nostra capacità industriale critica e di compromettere i nostri interessi economici e di difesa, nonché la realizzazione della transizione verde e digitale”.