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La mela non cade mai lontana dall’albero

La mela non cade mai lontana dall’albero

L’editoriale di oggi sul Corriere della Sera (di Ernesto Galli della Loggia), “L’inerzia nemica del Paese” racconta come negli ultimi 20 anni (almeno) “l’Italia si è fermata, da almeno due decenni immersa nella palude del non decidere/non fare, delle decisioni che quando pure ci sono ci mettono poi un secolo a tramutarsi in realtà operanti”; come il nostro sistema politico e i nostri governanti sono dominati da una sostanziale inerzia, paralizzando così l’intero Paese e rischiando di condannarlo ad un sicuro declino.

In un Paese in cui la classe politica non programma a lungo termine ma soltanto per le prossime scadenze elettorali ed alle prese con una situazione socio-economica come quella descritta nel suo bellissimo libro “La società signorile di massa” da Luca Ricolfi (da anni l’azienda Italia vive una situazione in cui il numero di cittadini che non lavorano ha superato quello dei cittadini che lavorano e in cui economia e produttività sono ferme da vent’anni) era lecito attendersi che i i suoi cittadini passassero dalla condizione di risparmiatori (rentiers precisamente) a quella di investitori?

Ovviamente no!

Ovviamente si ragiona per mesi e non per anni e non si programma, e per questo stesso motivo si continuano ad accumulare miliardi di euro sui conti correnti perché “non si sa mai” e a rimandare le decisioni di investimento (v. prossima pagina).

D’altronde lo slogan del più famoso dei politici italiani era…

La mela non cade mai lontana dall’albero

 

Alla fine è tutta una questione di tempo

Oggi ho preso la macchina del tempo e ho fatto un salto indietro di venti anni andando a rileggermi il Corriere della Sera del 10 Ottobre 2000, ed è stato illuminante, erano passati sette mesi esatti dal 10 marzo del 2000, il picco della “bolla internet” (come poi fu definita ovviamente dopo che era scoppiata, col famoso senno di poi).

Le borse scendevano, in particolare i titoli tecnologici, il Nasdaq dopo aver puntato alle stelle toccando in primavera i 5.000 punti perdeva oltre il 33,5% e tutti improvvisamente iniziarono a vedere nero, nei mesi successivi scese addirittura fino alla soglia dei 1.000 punti.

Ora, era vero che nella febbre della New Economy probabilmente molti titoli erano decisamente sopravvalutati ma chi avesse investito anche ai massimi del mercato e saputo sopportare le oscillazioni (da 10° grado della scala Richter) avrebbe oggi, giusti venti anni dopo, più che raddoppiato la somma con un non disprezzabile rendimento semplice del 5% all’anno circa (non parliamo poi di chi – investitore razionale – avesse continuato a comprare anche nei momenti peggiori)

E a quelli che oggi magnificano l’andamento delle varie Amazon, Microsoft e compagnia ricordo che Amazon scese da 107 a 7: vorrei conoscere qualcuno che ha avuto il fegato di comprarle ma soprattutto tenerle.

Ultima notazione, il rendimento dei titoli di stato italiani in quel momento era: Bot a tre mesi 4%, Btp a 10 anni 5,62%

Oggi? Come dicono gli inglesi T.I.N.A.: There Is No Alternative…

La mela non cade mai lontana dall’albero

 

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