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Epurato pure il sindacato: Landini indigesto ai tendini

Il leader della Cgil va a Milano in sostegno della protesta degli studenti ma viene attaccato da alcuni attivisti

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Nella protesta di schiuma e di fango ciascuno corre per sé. La protesta è per definizione comune, kollettiva ma ad animarla è sempre il particulare guicciardinesco, opportunistico, mediocre: la studentella di fumetti perché cerca una candidatura, gli altri perché non possono essere da meno e puntano al reality piddino, i politicanti e sindacalisti che anche loro hanno, cercano qualcosa da spremere. Ne esce una replica di una replica, la solita Occupy Wall Street all’amatriciana che vorrebbe essere glamour ma con dentro qualcosa d’indecente, da fiction all’italiana che sa sempre un po’ di frigorifero, veltroniana, pariolina. Anche le pantomine vanno sapute fare, vanno costruite bene, questi dopo 48 ore e gli inginocchiatoi in tendina di donna Myrta già sbaraccano per il week end. Che non sia una cosa seria lo si vede da ogni angolazione. Le facce dei guevarini, i campeggiatori antagonisti, arroganti ma efebiche, di quel capriccioso insopportabile, che tira gli schiaffi; l’attenzione, pelosissima, di chi li tiene su mediaticamente, li invita, li va a trovare, s’attenda con loro in un trionfo dell’osceno.

Lo sciamare degli aspiranti burattinai, eccoli subito, prontissimi, immancabili i Fratoianni, un autentico talent scout, i Majorino, le Schlein, ieri è toccato a Landini che fra tutti è quello con la coda di paglia più lunga ma il comprendonio più corto; quello, potremmo dire, più slegato dalla realtà, nella torre d’avorio cigiellina vagamente alienante. Come tale, accorso a lisciare il pelo a questa genia di piccoli principi che giocano alla rivoluzione locataria, è stato contestato anche lui in una guerra di luoghi comuni: di qua quelli del sindacato che non rappresenta più nessuno, che è autorigenerante, di là quelli della sgangherata rivendicazione giovanile al minimo sindacale di decenza.

Landini, lo dice bene Capezzone su la Verità, è andato a cercarsi sponde e credibilità; ma la storia dell’orologio rotto che segna l’ora giusta due volte al giorno lo ha fulminato: questi non sanno quello che fanno (ma non per questo vanno perdonati), non sanno cosa vogliono, cosa dicono, ma una percezione ce l’hanno: la sinistra che li cerca li vuole fottere, la sinistra istituzionale, da tavolo, verbosa, parolaia, calcolatrice li usa e poi li molla come fa da 50 anni. Queste facce qui, da sinistra mercadora e redditiera, non possono venir lì a cavalcare una protestina che sarà pure mocciosa, di figli della borghesia che si sdegnano per venti minuti di treno, ma con l’armocromista a 300 euro l’ora e l’auto blu da boss sindacale no, non possono non possono venire a fotterti e pretendere pure i ringraziamenti.

Il punto fondamentale, come direbbe Nicola Porro, non è la rivoluzione degli alloggi, questa è fuffa organizzata, il punto fondamentale è quello dal sen fuggito proprio del Landini; e che poi è lo stesso dal pennin fuggito all’epoca a Speranza: ogni occasione è buona per rifare la società dei soviet, il dirigismo statalista, i piani quinquennali, la distruzione dei diritti reali per le classe medie, il Proudhon imbecille de “la proprietà è un furto”, il populismo becero di Brecht sull’immoralità di fondare una banca anziché svaligiarla. È la società sotto controllo, lo stato autoritario che parte da un vaccino o da un affitto e poi si allarga, si allaga, tracima. In quest’ottica, questi del sindacato e del partito non sono credibili. Non sono ammissibili. Sono troppo borghesi.

Certo, lo sono anche i mocciosi, ma loro si autoassolvono per presunzione anagrafica e contestano le facce da cenetta chez Baglioni, contestano le passeggiate sottobraccio al regime banchiere di Draghi: le parole ci seguono, le camminate pure e, per tutto il resto, c’è la rete che conserva i selfie, i tweet. I Landini, le Schlein non sono credibili per un prato basso studentesco che risulta spostato molto oltre, da Emergency, sponsor ufficioso dell’ambaradan, a Sant’Egidio, il colmo dell’ipocrisia gesuitica, fino a suggestioni di stampo Carc, anarcoide o neobr, pur sempre alla maniera molliccia di questi.

Questa testa dà fastidio, rompe i coglioni: cercano di sabotarla attaccandone il fondatore con le balle diffamatorie di stampo mafioso, e cercano di infiltrarla con certi commenti: la puzza di comunismo sgangherato e penosamente tattico si sente fino a qui. Insomma ci stiamo facendo i nostri nemici, che, come è giusto, ci leggono con la dovuta attenzione. Allora prendessero nota: le insofferenze verso i Landini e le Schlein, gente che in nome del lavoro non ha mai lavorato se non a chiacchiere, testimoniano che la liturgia dei campeggiatori è schiettamente di sinistra, anzi di ultra-sinistra, sia pure di matrice infantile; come cazzo si fa a non vederlo? L’attendato perfetto è quello da cameretta, pugnetto chiuso, volere tutto, dare in cambio crisette isteriche, globalmente bestiola, fuoricorso per vocazione, ignorantone di dinamiche di mercato, cioè di vita reale.

Nella rivoluzione goliardica di quelli che sotto la tenda ricevono le troupe di Myrta o dei tg di Stato, sta la sorpresa dell’incanto di chi arriva da Seregno, dalla Bergamasca o da chissà quale borgo selvaggio del meridione dimenticato da Dio e si sente finalmente vivere. Che poi è la ragione primaria, reale, dell’abnorme migrazione pseudostudentesca di quelli che nella metropoli non cercano l’impegno, il futuro, ma il presente delle movide e delle pizzette (chiamassero la santona Gisella). Cercano, come è proprio della loro età, lo svago e lo svacco, solo che così gonfiano la domanda, i prezzi s’impennano, solita storia. Quanto agli usurai e i truffatori, il codice penale c’è già, ma il gioco di dipingere tutti i proprietari, medi e piccoli, come aguzzini della classe lavoratrice e discente, è patetico.

Ma qui non si fanno le cose ragionate, si fanno per puro situazionismo, cosa che i mammasantissima del partito e del sindacato non colgono come non hanno colto la mutazione genetica del prato basso giovanile, più inconsistente, più volubile che in passato: ai tempi dell’Autonomia, per quanto vili, cattivi, feroci, stare a sinistra del Pci aveva almeno il senso di una friabile articolazione teorica: il partito che la rivoluzione non l’aveva fatta, che aveva tradito gli ideali del partigianato, che si era venduto alla democrazia borghese, mentre la crisi operaia e giovanile c’era davvero al punto che il caro affitti era solo l’ultimo, o tra gli ultimi di una serie di problemi, di ritardi reali; oggi c’è solo un berciare in libertà e vince chi è più mediatico, nel solito trionfo dell’ipocrisia per cui siamo tutti uguali, non esistono i sessi, le bruttine, i grassi, però in televisione ci finiscono sempre quelle presentabili, ci vanno le bellezze berbere col broncetto e la crisi isterica incorporata.

Nella guerra dei situazionisti casca anche il governo, che per tener calmi i villeggianti, o meglio l’opposizione che cerca di manovrarli, promette di buttar via 660 milioni di euro, per farci cosa non si sa, comunque gocce nel mare pazzo della rivendicazione scenografica. Al punto che i castristi da Politecnico e da Sapienza, “soddisfatti”, sbaraccano per il fine settimana: torneranno, rifocillati, con le mutande cambiate, alla lotta continua, ma a singhiozzo, da lunedì. L’equo canone può aspettare, l’equo cannone no.

Max Del Papa, 14 maggio 2023

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