Fedez più che Belva è un paraguru

L’intervista del rapper influencer ospite di Francesca Fagnani: “Con Chiara non abbiamo retto”

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I lettori hanno senz’altro ragione se mi obiettano che con Fedez può bastare, che c’è di più urgente al mondo, io però non mi faccio persuaso di alcune spigolature e qui torno serio, niente Lino Banfi e citazioni beffarde. Intanto sia lecito osservare che questa intervista a Belve sta ricevendo una esposizione spropositata e questo la dice lunga sui meccanismi della informazione televisiva, pubblicitaria. Più si invocano contenuti e più arrivano autoreferenziali celebrazioni sull’onda del gossip mitopoietico, inevitabile, inscalfibile.

Fedez chi è? È un rapper, per dire qualcosa di vago, di transeunte nella musichetta moderna, uno di non eccelso successo da almeno una decina d’anni. Gli ultimi album a dirla tutta sono stati dei flop, i tour accorciati per mancanza di attenzione, lui ridotto ad aggrapparsi a Orietta Berti per rispolverare tormentoni evocativi, alla Edoardo Vianello, evocazioni da usato sicuri di sessanta anni fa. Un personaggio mediatico, per dire fine a sé stesso, di cui si parla più per le trovate di dubbio gusto, slinguazzate, facilissime provocazioni politiche, sparate di sapore grillino, e per la controversa società con la collega influencer e ormai ex moglie Chiara Ferragni, imprenditrice digitale, cioè volatile, finita in disgrazia dopo che una giornalista di costume, anche lei avvezza alle provocazioni, ha schioccato le dita dicendo quello che tutti sapevano ma nessuno osava dire. Perché di questi tempi irreali, anche una Ferragni fa paura. Lucarelli ha fatto snap, e l’amore è evaporato.

Fedez è uno che con limitate conoscenze ha saputo coagulare un intreccio di attività societarie guidate da uno stuolo di commercialisti volponi e con la concretezza di genitori scaltri, che vanno al sodo. Così che lui può giocare sempre, anche a celebrarsi nel modo pubblicitario gossippesco che restituisce poi soldi, affari. Questo lo stato dell’arte e nell’intervista, in sé andante come si conviene, non manca niente: l’amore nato per ragioni erotiche, perché entrambi si erano scoperti bravi a fare sesso, i milionari Ferragnez dai sofisticati intrecci erotico-societari nati dalle pulsioni elementari, dagli appetiti elementari di tutti i ragazzi saliti dalla provincia sonnecchiare o dall’hinterland agitato.

In realtà c’è dietro tutta una costruzione mediatica sofisticata, e ci stanno le organizzazioni societarie a scatole cinesi sulle quali la magistratura è la finanza scavano. Ma di questo, chiaramente, non si parla. Si scivola se mai sugli scompensi caratteriali del sempre meno giovane Federico, forse ha ragione la maligna Lucarelli quando lo dipinge un rancoroso che si chiude in cameretta (e potrebbe parlare anche di sé, o del suo chef perché questi nuovi totem mediatici si scannano rivedendosi allo specchio, è gente che sopporta pressioni anche massacranti ma sembra non crescere mai davvero).

Fedez si celebra: buono o cattivissimo, a seconda, ma buono davvero mai, anche la malattia, ridotta come il resto a narrazione social, sponsorizzata, quasi spersonalizzata, deprivata di ogni implicazione tragica, autentica e dunque solidale, almeno in prospettiva, non serve, non lo cambia, “sono sempre lo stesso pezzo di merda”: ma chi vuoi impressionare, ragazzo? E a chi vuoi far paura con le rimembranze tossiche, anche queste immancabili, cui ormai non rinunciano neppure i mocciosi di 15, 12 anni, le Shirley Temple dei nostri tempi?

Tutto così già visto, già sentito le millanta volte: eppure sta facendo il giro d’Italia. Hai voglia a dire contenuti, servono contenuti. Poi il lettore consumatore si faccia l’opinione che vuole, ma questi aspetti vanno pure fermati, vanno precisati. Con una postilla, amara, che forse non farà piacere leggere. Il garantismo, il sempre sacro garantismo è un po’ come ma democrazia, all’occorrenza fa schifo ma se non c’è è peggio; solo che, proprio come la democrazia, funziona meglio coi ricchi e famosi che coi cristi per la strada. Fedez accusa, neanche tanto velatamente, la ex moglie di essersi lasciata rovinare dalle scelte manageriali di un tipo che non ha mai sopportato, e al quale, velatamente, larvatamente, dà del trafficone o almeno lo lascia capire. La magistratura indaga anche su questo manager.

Sullo sfondo, storie opache di beneficenza a sé stessi, plurime, incorreggibili, ora i pandori, ora le uova pasquali, le bamboline, i biscotti, tutto serve per incassare col trucco di una solidarietà. Un sistema, sospettano i giudici, e, se avranno ragione, si dovrà parlare di un sistema ignobile, un sistema crudele, orrendo, che non si poteva liquidare col vittimismo aggressivo, avrò fatto un errore di comunicazione ma voi non avete capito, voi come osate dubitare della mia cristallina fede. Fedez, per anni legato nella società di fatto Ferragnez, si sfila, mentre ostenta solidarietà verso la ex compagna, comunque scaricata, si toglie dagli impicci, “io l’avrei gestita diversamente”.

Quando il sesso non colma tutto. Il sistema puzza lontano un miglio. Eppure, ecco il garantismo dei privilegiati, questi vanno in televisione ad epicizzarsi, vanno alle sfilate, vanno a Miami, sbandierano nuove fuoriserie da 250mila euro (da Ferragni a Ferrari il passo è breve), nuovi attici da 400 metriquadri. Ma si, che ci vuole a voltar pagina, a consolarsi con nuovi giocattoli, costosi ma da ammortizzare facendoli vedere, il solito gioco di eccitare invidie ammirate. Ma io ho visto poveri cristi finire in galera, finire l’unica vita che avevano per molto, molto meno, per accuse, sospetti infinitamente più leggeri, se non volatili.

Il garantismo è facile, se sai come usarlo, se prima sei arrivato a sfiorare l’impunità, ai selfie, incredibili, incomprensibili, con Mattarella, a un passo dalla candidatura col partito dei democratici per la plebe, al suo ciambellano Fabio Fazio.

Max Del Papa, 10 aprile 2024

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