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Game over Napoli: tutti gli errori di Garcia

Dopo soltanto 12 giornate di campionato è calato il sipario, stavolta in maniera definitiva, sull’avventura di Rudi Garcia sulla panchina del Napoli. Fatale al tecnico francese la sconfitta casalinga di misura maturata domenica scorsa nei minuti di recupero con l’Empoli.

La sosta per le Nazionali non è stata certamente “alleata” di Garcia, rappresentando di fatto la finestra perfetta per la società per procedere al cambio di allenatore con l’obiettivo di dare una svolta decisa alla stagione del Napoli, finora largamente al di sotto delle aspettative.

L’esperienza di Garcia sotto il Vesuvio era “idealmente” terminata già ad ottobre, in concomitanza con la precedente pausa per le Nazionali; in quell’occasione infatti la società aveva cercato di portare sulla panchina del Napoli Antonio Conte ma il rifiuto del tecnico salentino aveva “salvato” il francese da un esonero altrimenti certo.

Era difficile pensare che un allenatore a quel punto delegittimato e per certi versi commissariato potesse trovare la forza di invertire il trend sfavorevole e mantenere salda la propria posizione almeno fino al termine della stagione; per farlo sarebbero serviti un filotto di risultati positivi e di prestazioni convincenti che puntualmente non sono arrivati convincendo così una volta per tutte il club a chiudere definitivamente il rapporto con il tecnico.

Che tra Garcia ed il Napoli non fosse sbocciato l’amore lo si era capito da tempo ed in ogni caso la sfida che attendeva il tecnico francese era di quelle da far tremare le vene e i polsi; prendere le redini di un gruppo reduce da un’annata trionfale suggellata dal 3° scudetto della storia poteva sì rappresentare un’opportunità ma allo stesso tempo comportava un elevato rischio di fallimento.
Per fare meglio di Spalletti o quantomeno eguagliare le sue gesta, Garcia avrebbe dovuto trascinare il Napoli alla riconquista dello scudetto magari raggiungendo una semifinale di Champions; appare chiaro quindi che l’asticella delle aspettative fosse implicitamente particolarmente elevata e che il tecnico francese avesse molto più da perdere che da guadagnare.

Peraltro l’aver ereditato un organico sostanzialmente sovrapponibile a quello della stagione precedente (eccezion fatta per il difensore coreano Kim) rappresentava un “problema” in più per Garcia in quanto sarebbe stato esposto (come puntualmente accaduto) a continue comparazioni con l’operato del suo predecessore, che con quella stessa squadra aveva incantato in Italia e in Europa.

Ovviamente il dover convivere con la spada di Damocle di un perenne confronto con l’allenatore dello scudetto sarebbe toccato a qualsiasi tecnico del Napoli post Spalletti e con ogni probabilità anche questo aspetto ha inciso sul fatto che svariati profili accostati ai partenopei prima di Garcia abbiano preferito non accettare una panchina così “pesante”.

Paradossalmente per Garcia sarebbe stato molto più semplice lavorare su un organico rivoluzionato con l’opportunità di plasmarlo a propria immagine e somiglianza anziché prendere in mano una squadra già vincente e rodata reduce da una stagione magica e con alcuni interpreti che difficilmente avrebbero potuto replicare quel rendimento stellare offerto nell’anno della cavalcata scudetto.

E se da un lato il feeling di Garcia con la società, i calciatori e più in generale la piazza non è mai apparso idilliaco, le prestazioni e soprattutto i risultati ottenuti in questo primo scorcio di stagione hanno irrimediabilmente indebolito la sua posizione fino a farla crollare. Sì perché come sappiamo, al di là di tutto, è proprio sui risultati che inevitabilmente si giudica l’operato di un allenatore e tanto più questi si allontano dalle aspettative tanto più lo stesso viene messo in discussione.

Senza voler infierire, pur nella consapevolezza che non sempre i numeri spiegano tutto, appare evidente come il ruolino di marcia del Napoli di Garcia sia stato ben diverso rispetto a quello arrembante del Napoli spallettiano.

Lo scorso anno dopo 12 giornate i partenopei guidavano la classifica in solitaria con ben 32 punti conquistati (sui 36 disponibili) con un margine di 5 lunghezze sull’Atalanta seconda; erano ancora imbattuti (forti di 10 vittorie e 2 pareggi) vantando il miglior attacco del campionato con ben 30 gol realizzati ed una delle migliori difese con sole 9 reti al passivo.

In questa stagione il Napoli guidato da Garcia ha raccolto un bottino decisamente più magro con la squadra issata al 4° posto con 21 punti in cascina ed a -10 dall’Inter capoclassifica; ha già subito 3 sconfitte (ironia della sorte tutte in casa) realizzando 24 reti e subendone 13.

Volendo allargare l’orizzonte di osservazione all’Europa, il Napoli di Spalletti nel girone di Champions aveva semplicemente incantato, vincendo un raggruppamento per nulla semplice che includeva una corazzata come il Liverpool oltre ad un sempre ostico Ajax ed i Rangers; nella Champions in corso i partenopei sono sì pienamente in corsa per la qualificazione agli ottavi (salvo cataclismi il secondo posto è ampiamente alla portata) ma di certo stanno faticando molto più del previsto all’interno di un girone abbordabile che Real Madrid a parte non presenta di certo delle corazzate (Braga ed Union Berlino).

Chiusa la non esaltante parentesi Garcia, il Napoli riparte da Walter Mazzarri; per lui si tratta di un ritorno dopo le grandi annate in cui sotto la sua gestione si esaltavano in campo giocatori simbolo dal talento purissimo come Hamsik, Cavani e Lavezzi. Compito del tecnico toscano sarà quello di tirare fuori il meglio da una rosa importante lavorando molto anche sulla testa e sull’orgoglio dei propri calciatori, gran parte dei quali soltanto 12 mesi fa si rendevano protagonisti di una cavalcata trionfale raggiungendo quello scudetto che oggi sembra quasi un ricordo sbiadito.

Senza scomodare il sogno di un bis che appare al momento irrealistico, l’obiettivo numero uno di Mazzarri dovrà essere quello di blindare un piazzamento tra le prime quattro in chiave Champions ed allo stesso tempo cercare di andare più avanti possibile nella maggiore competizione continentale.

Guardando già alla prossima stagione, quando sotto il Vesuvio arriverà un nuovo tecnico, appare evidente come un Napoli in grado di offrire il palcoscenico prestigioso della Champions renderebbe ancora più appetibile la propria panchina; allo stesso tempo, dopo un’annata post scudetto in chiaro scuro e magari beneficiando di qualche intervento sul mercato estivo, il nuovo allenatore potrà se non altro lavorare con un pizzico di serenità in più senza dover convivere necessariamente con il fantasma di Spalletti e provando a dare nuovo slancio alle ambizioni del club sia in Italia che in Europa.

Enrico Paci, 15 novembre 2023