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Giornalismo Ogm: Scanzi attacca Osho - Seconda parte

Megalomania social

Infine la schiavitù dei follower, dei like, della proiezione pubblica: quanto può essere davvero libero, da sé stesso se non altro, uno che ad ogni rigo che spreme verifica l’impatto social e su quello inevitabilmente si sintonizza? Non sono questioni da poco, anche perché ingenerano nevrosi, megalomania, manie di persecuzione: a chi scrive è capitato di venire fastidiato da uno di questi dell’età di mezzo, dopo un tweet non particolarmente affettuoso: cose che tra colleghi dovrebbero essere scontate, ma il ragazzo insisteva, insisteva fino a che non ha dovuto capire che stava provocando la persona sbagliata, a suo rischio e pericolo: non tutti se la cavano con due sculaccioni in discoteca. Alla fine l’ha capito, ma erano anche le due di mattina, però.

Questo prendersi così sul serio recitando la parte dei saltimbanchi, questo giornalismo che è tutto e niente, che è tutti e nessuno, con la palettina in mano, con la foto a quattro zampe, al guinzaglio, sotto i tacchi a stiletto di una “collega”, che si parla addosso indulgendo in perversioni e feticismi, è difficile da capire, difficile da condividere. Forse non è più giornalismo, è qualcosa di nuovo, di geneticamente modificato, di lunare o forse solo figlio dei tempi ma insomma, di grazia, che cosa è?

Max Del Papa, 17 settembre 2020

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