Giro d’Italia, il ciclismo si ribelli alle follie anti-Covid

Nonostante l’emergenza sia finita, restano le restrizioni del virus nel mondo dello sport

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Mentre al Giro d’Italia viene ripristinata la ridicolaggine delle mascherine obbligatorie per atleti e accompagnatori, infuria la polemica sui tanti ritiri eccellenti, in primis il grande favorito Remco Evenepoul, che stanno annichilendo la corsa rosa. A tale proposito, registriamo con grande piacere la dura presa di posizione di Cordiano Dagnoni, presidente della Federazione ciclistica italiana.

Intervistato da LaPresse, Dagnoni cerca con veemenza di riportare l’intero movimento delle due ruote alla realtà dei fatti: “Se è stata dichiarata la fine della pandemia, deve essere finita veramente. Oggi si entra anche negli ospedali senza mascherina, a Milano ho diversi esempi, e quelli sono luoghi più delicati. È paradossale che un corridore che vince la crono e mette la maglia rosa, quindi sta bene, poi deve essere estromesso perché positivo. Evenepoel doveva continuare –  sottolinea perentorio il presidente – a mio avviso si sta svilendo quello che è il valore di una corsa così importante, senza ora più protagonisti che avrebbero dato lustro al Giro. Dispiace molto, veramente sono quasi sorpreso da questo presa posizione così forte. Speravo prima in Ganna, poi in Evenepoel: se il corridore vince – conclude il numero uno della Fci – sta bene e se sta bene deve correre”.

Di diverso avviso Walter Ricciardi, virologo che ancora oggi tiene alto il vessillo del terrore. Secondo il docente all’Università Cattolica di Roma, “il boom di casi al Giro era prevedibile perché, come ha spiegato l’Oms, è finita l’emergenza, ma non la pandemia. Se facessimo i test anche alla popolazione generale, avremmo gli stessi risultati di quelli che stiamo vedendo nello sport”. Dopodiché Ricciardi, sottolineando l’esigenza di restare vigili anche con i tamponi, sgancia il suo ammonimento per il prossimo futuro: “È chiaro che si pagherà pegno, come sta succedendo nel ciclismo. Ma è meglio pagare questo prezzo piuttosto che favorire ondate di contagi, che ripartiranno, come probabile, in autunno”.

Ma a questo ennesimo tentativo di procrastinare all’infinito uno stato di emergenza mentale che, come vediamo, ha massacrato il Giro d’Italia, risponde indirettamente Matteo Bassetti che, al pari del presidente della Fci, porta una salutare ventata di buon senso in un mondo impazzito. In merito al ritorno delle mascherine nella corsa rosa, su Twitter è lapidario il direttore di Malattie infettive del San Martino di Genova: “Sembra che il Covid del 2023 faccia più paura ai ciclisti che non ai medici. Ormai in Italia la mascherina non è più un dispositivo di protezione individuale ma un mezzo di protezione degli organizzatori di competizioni sportive. Niente. Non si riesce a tornare alla normalità. Povera Italia.”

Già, è veramente una povera Italia quella che non riesce a scrollarsi di dosso una ancestrale paura del demonio, impersonato da un virus endemico da molto tempo, neppure nell’ambito di una comunità di campioni sportivi i quali, anziché preoccuparsi dei rischi abbastanza seri legati alle sempre più frequenti cadute in corsa, se ne vanno a casa al massimo per un banale raffreddore.

Claudio Romiti, 18 maggio 2023

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