Il settore agricolo vale oltre 40 miliardi di Pil e contribuisce a rendere possibili tante eccellenze alimentari per cui l’Italia è conosciuta sulle tavole di tutto il mondo. Chiediamo a Francesca Parasecolo, ingegnere e responsabile marketing strategico di Open Fiber, la società a maggioranza pubblica nata per portare internet veloce anche nelle aree più remoti, come la rivoluzione digitale sta cambiando il comparto.
“Il comparto agricolo, come tutte le filiere produttive, subirà nei prossimi anni grandi cambiamenti legati al digitale. C’è un lato specifico che riguarda il settore, pensiamo alla gestione delle coltivazioni, degli allevamenti e delle attività connesse. In questo senso la digitalizzazione applicata al mondo dell’agricoltura può contribuire in modo significativo al miglioramento dei processi, della qualità dei prodotti, delle performance, e in questo la rete BUL sviluppata da Open Fiber nelle aree più remote del Paese è l’abilitatore per favorire la transizione digitale in tale settore. La fibra in tali contesti può essere utilizzata sia per il trasporto dei dati, si pensi ai servizi innovativi dell’Agricoltura 4.0, sia come sensore distribuito sul territorio; un ottimo ausilio per il monitoraggio e l’ottimizzazione delle risorse. C’è poi un altro lato più classico che riguarda le aziende agricole come tutte le altre aziende. Mi riferisco alla contabilità e all’uso di Internet per la commercializzazione di prodotti, servizi e per la pubblicità aziendale”.
A che punto è la copertura in fibra o comunque con internet veloce delle zone rurali del nostro Paese? Quando Open Fiber conta di completarla?
“Nelle aree più remote del nostro Paese, cosiddette aree bianche o C&D, al momento siamo presenti in circa 5.000 Comuni, 3.700 Comuni con fibra FTTH (Fiber to he home, la fibra fino a casa) e in 3.900 Comuni con Fixed Wireless Access, con oltre 4,8 milioni di unità immobiliari che possono richiedere l’attivazione del nostro servizio. Contiamo di completare il piano aree bianche entro il 2024”.
Permane una marcata distanza nel processo di informatizzazione delle aree rurali sia tra Nord e Sud del nostro Paese sia tra le grandi aziende agricole (il 78,2% risulta digitalizzato) e quelle più piccole (ferme all’8,8%). Dove la rete è presente che cosa serve per fare il salto culturale verso la digitalizzazione? Come collabora Open Fiber con le amministrazioni locali?
“Per rispondere alla domanda bisogna guardare quali sono le aziende agricole più digitalizzate. Si tratta o di grandi aziende (aziende con numero di Unità di Lavoro almeno pari a 10), che rappresentano però solo lo 0,3% del totale o di aziende di piccole e medie dimensioni con un capo azienda giovane, istruito e specializzato e che fanno parte di organizzazioni di produttori, rete di imprese o associazioni di categoria. Se da un lato le grandi aziende agricole hanno per lo più già avviato dei percorsi di digitalizzazione, investendo su nuove tecnologie per migliorare i propri processi di produzione, dall’altro le piccole realtà mancano di competenze adeguate. Per fare il salto culturale verso la digitalizzazione è quindi importante puntare sulla formazione e sulle associazioni. Open Fiber è disponibile a definire percorsi di digitalizzazione che tengano conto della specificità delle aziende agricole, coinvolgendo associazioni di categoria ed esperti di settore. Il punto di partenza è la connettività delle aziende agricole”.
A chi si deve rivolgere una azienda agricola per sapere se è raggiunta dalla vostra infrastruttura e se ci sono operatori telefonici attivi?”
“Può controllare sul nostro sito www.openfiber.it quali sono gli operatori telefonici che sono attivi su quell’indirizzo e farsi attivare il servizio”.
Il surriscaldamento climatico e la conseguente siccità rischiano di mettere a repentaglio anche questa estate importanti colture, con notevoli danni economici. Le nuove tecnologie come possono aiutare a tutelare l’ambiente in agricoltura e a valorizzare la risorsa idrica?
“Un’infrastruttura di telecomunicazioni abilita servizi innovativi che possono efficientare la produzione, agendo sul miglioramento del monitoraggio, sulla tracciabilità e sulla capacità previsionale; questo permette di ridurre gli sprechi, tra cui, primo tra tutti, quello della risorsa idrica. Grazie alla raccolta e all’analisi in tempo reale dei dati provenienti dai diversi sensori, integrata con fonti dati esterni, è possibile indirizzare al meglio le strategie di coltivazione dei terreni o di allevamento del bestiame, riducendo così il rischio derivante dai cambiamenti climatici”.
Si sente parlare di sensori e di agritech, è possibile stimare il costo di un impianto?”
“Sicuramente il punto di partenza è attivare un servizio di connettività BUL a banda ultra larga che possa abilitare servizi innovativi. Quindi l’impianto si può ritagliare in base alla specificità della singola azienda, andando, a partire da pochi migliaia di euro”.
L’alluvione dell’Emilia Romagna ha dimostrato quanto sia fragile il nostro territorio. La tecnologia e quindi la digitalizzazione come possono favorire a prevenire il rischio di calamità naturali di questa portata?
“È importante agire sulla prevenzione con una corretta e attenta gestione del territorio, a tal fine le tecnologie e la digitalizzazione sono degli strumenti indispensabili. Reti di telecomunicazioni terrestri e satellitari, Data Analytics, Internet of Things, veicoli e attrezzature connesse, Cloud, edge computing, Artificial Intelligence & Machine Learning sono i principali strumenti che possono aiutare nella mappatura e nel monitoraggio da remoto dei terreni, nell’analisi dei fattori ambientali e dei terreni, nel monitoraggio di macchine e attrezzature, nel water management”.
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