Green pass e Nazionale: poche idee, ma confuse

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Ci sono fatti e idee che sono tra loro in contrasto non conciliabile. Ad esempio: il pass sanitario e la grande festa in piazza per la Nazionale. Il primo richiede la selezione tra le persone per entrare nei bar, nei cinema, nei teatri e negli stadi e, in genere, nei luoghi pubblici. Il secondo è il più grande assembramento nazionale degli ultimi tempi voluto direttamente dalle istituzioni. Le due cose non possono stare insieme. Se stanno insieme vuol dire che non solo ci sono idee confuse in merito ma anche un governo altalenante della situazione epidemica.

Il green pass garantisce libertà?

Il pass è una cosa un po’ curiosa. Si dice: è un lasciapassare e una garanzia per la nostra libertà. Bene. Ma non doveva già essere così con il vaccino? Se ti sei vaccinato – io, ad esempio, due volte – perché dovresti temere di fare la tua vita normale? Non si capisce. E’ come se si fosse all’interno di una situazione o irrazionale o stupida. Il pass sanitario equivale al certificato di esistenza in vita chiesto ai vivi che esibendolo dimostrano di essere morti. Sì, proprio così perché ormai l’assuefazione di cittadini e persone agli arbitri governativi e istituzionali è tale che si è creata l’illusione che la vita civile sia nella completa disponibilità della vita statale che, come una sorta di divinità, avrebbe la facoltà di rendere invulnerabile la vita biologica. Così nascondo anche i fanatici dei pass-per-qualunque-cosa: per bere un caffè, per entrare al supermercato, per andare in chiesa. Il meccanismo è semplice: l’istituto statale – governo, ministero, prefettura, sindaco – richiede un lascia-passare e i fanatici accettano tutto come se il governo fosse la Verità in Terra. In questo modo la nostra condizione di uomini liberi è stata capovolta: non è più la nostra vita libera e critica che fonda il governo ma, al contrario, è il governo che diventa il padre-padrone della nostra vita civile diventata ormai anemica e illiberale. È questo che si vuole?

Rigoristi a targhe alterne

A questo cortocircuito tra istituti e libertà, che capovolge un sistema di sicurezza in un sistema di insicurezza e che non ha nessuna soluzione se non si è disposti ad accettare che nessun uomo, neppure il più autorevole e il più potente, è Dio, si contrappone la grande festa di piazza per la vittoria della Nazionale agli Europei. In quel caso – nonostante le cose che dice oggi il prefetto di Roma, Matteo Piantedosi, attribuendo responsabilità alla Federazione calcistica e a Chiellini e Bonucci – le istituzioni non hanno avvertito nessuna necessità di far svolgere una manifestazione più controllata e meno affollata. Anzi, sembra quasi di intuire che la grande festa di popolo sportivo e meno sportivo avesse non solo il benestare istituzionale ma anche il suo interesse tendendo a sovrapporre i due piani: calcistico e politico. Come a dire che ci sono situazioni in cui le istituzioni gestiscono il controllo sociale in modo stringente e altre in cui allentano o mollano del tutto la presa perché o non conviene o è impossibile tenerla. Tuttavia, il virus Covid 19 non va in vacanza a seconda delle circostanze. Se il virus c’è ed è pericoloso, allora, sarà ancora più pericoloso nelle grandi feste popolari. O no?

Siamo così al punto decisivo: l’infezione com’è ora è pericolosa sì o no? Il numero dei contagiati e la forza del morbo son tali da compromettere salute individuale e sociale oppure ciò che realmente conta è solo il numero dei ricoveri? Credo che sia dovere delle istituzioni e del giornalismo promuovere un atteggiamento critico e razionale proprio dei provvedimenti ministeriali che in quanto tali non sono i padroni e i datori dei diritti dei cittadini e delle persone; d’altro canto cittadini e persone non possono credere all’illusoria esistenza di un sistema di sicurezza infallibile sulla base del quale cancellare i diritti e la santa libertà. La libertà è sempre la condizione della sicurezza e mai il contrario. Purtroppo, e mi duole dirlo, ciò che manca per avere criteri di giudizio più saldi è il compito del giornalismo che invece di limitare sempre il potere, da qualunque parte venga, lo infiamma, lo immagina, lo corrompe, come diceva Montanelli.

Giancristiano Desiderio, 15 luglio 2021

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