Cultura, tv e spettacoli

“Ho visto lei che bacia lui”. Che delizia le corna della Torino bene

In questa estate noiosa la festa a sorpresa di Massimo Segre a Cristina Seymandi: doveva annunciare le nozze, invece la molla

Segre Seymandi

Nella noiosa estate delle tasse sugli extraprofitti e del clima che più dicono cambia e più resta lo stesso, decimo più decimo di grado meno, un soffio d’aria pura, una storiella di corna e di sputtanamento, olè, nella Torino bene, ma perché poi si dice bene, quando la sostanza è la stessa di noi poveracci, i male, i non bene, squallidi, lerci, ma non distanti, non diversi in quelle immutabili storie di corna, reciproche, che tutti spifferano anche perché il giro è chiuso, asfittico, resort a 10 stelle o bar delle puttane sotto casa, finché il magnifico cornuto non decide di mettersi in piazza e chiudere tutte le bocche, tanto non resta niente da dire.

Certo, qui la variante la fanno i soldi, tanti, la fa il contesto, come si dice per dire la buona società, la città bene degli intrighi, gli scheletri serrati negli armadi, anche se tutti li conoscono, i buoni affari, i grembiulini, i giornalini, gli avvocati, le barche, le feste, l’esoterismo torinese del triangolo magico che gira che ti rigira sempre sempre ad alimentare gli investimenti, molto più prosaici, ma a loro volta misteriosi. Mica solo a Torino, sia chiaro. Tutto come sempre, nell’eterno ritorno dell’uguale e del banale ma se un tempo finiva nella mattanza bene, il conte Casati Stampa che un bel giorno si stufa di essere un cornuto contemplativo, ammazza a pistolettate la signora contessa, il di lei giovane stallone e infine se stesso, oggi che siamo evoluti e tolleranti i drammi di letto si risolvono in modo meno cruento e più mediatico.

Il banchiere bene Massimo Segre sceglie una vendetta atroce ma quasi comica, più vanziniana che felliniana, per liberarsi della fidanzata fedifraga, ma bene, la Cristina Seymandi della società bene che passa con disinvoltura da Grillo al centrodestra perché primum vivere, possibilmente bene. La invita alla festa di fidanzamento e invece di inginocchiarsi con l’anello racconta le di lei scappatelle: “Ti regalo la libertà”, e sparisce come un attore che scende dal palco, lasciando lei con gli occhi sul tavolo, dove sono i sali?, aria, lasciatela respirare; ma Cristina, da vera donna bene subito si riscuote e attacca col giro dei giornali, meno quello di cui è consigliere d’amministrazione l’ex ganzo vendicativo: “Pensi ai tradimenti suoi, comunque non finisce qua, abbiamo troppi affari in comune”. E via, più veloce della luce, destinazione Dubai.

Non è delizioso come uno di quei film grotteschi anni 70, Sordi, Manfredi, sullo squallore delle famiglie bene nel benessere democratico e consumistico? In versione contemporanea, si capisce, però che freschezza, finalmente una cara, vecchia, eterna storia di noia cornuta e arrivismo upper class. Perfino la Stampa, che è il giornale cittadino, alla fine deve bene o male occuparsene, mollare per un momento sugli adorati cambiamenti climatici, sui mattocchi che li hanno decisi loro, in nome della scienza, e sognano di rinchiudere tutti ancora e magari per sempre.

La gente legge e ghigna. I danarosi un po’ meno, perché, adusi come sono a certe pratiche, temono l’effetto domino; i barboni di gusto con le loro bocche sdentate o di troppi denti che sembrano sparati a caso in bocca: anche i ricchi piangono! Ma il pianto dei ricchi è diverso, trova sempre di che consolarsi, subito, e trova la comprensione del gruppo che vuoi o non vuoi deve ricompattarsi. Quel Segre li ha tirati dentro tutti i quasi tutti, ma, proprio per questo, come dice la fidanzata liberata, alla fine ci sono gli affari e che facciamo? Scoppiamo il gruppo? Perché nelle amicizie bene l’amicizia non esiste, è un optional per agevolare la manovra, come direbbe il Dogui.

“Non esiste giusto o sbagliato, esiste quello che ti fa star bene”, pontificava la sora Cristina nel solco del relativismo affaristico e vitaiolo: e potrebbe essere benissimo il primo ed unico comandamento di questo post capitalismo, molto post, questa entità fondata sulla totale incoerenza e irresponsabilità, definitivamente castrata di scrupolo e senso etico, per cui chi può stare bene si sente legittimato a fare qualsiasi cosa per stare bene, ovviamente sulla pelle di quelli che bene non ci stanno mai da che vengono al mondo e quindi non se ne accorgono, non soffrono.

Ma bando a moralismi novecenteschi che neppure i comunisti edonistici come i Fratoiannis, coppia di parlamento e di vita, sostengono più. Limitiamoci a considerare che, ogni tanto, anche chi teorizza il vivere bene a tout prix la paga e ci vogliono i sali. Tu chiamala, se vuoi, Nemesi bene. La scena del Segre che fa scorrere i tradimenti, reali o presunti, mentre il deejay non sa più che musica mettere e la fidanzata si marmorizza, è di quelle che colpiscono. Ed è questo eccesso di realtà, alla fine, a conquistarci. Come la bambola Barbie del film che dalla plastica si incarna e fa i conti con la insostenibile leggerezza dell’essere al mondo sul serio. Nell’estate noiosa di una realtà che pare irreale, un baleno di irrealtà che sembra vera, lo diventa al punto che non ci si crede. E i social si dividono, che stronzo lui però, merita le corna, eh no, ha fatto bene, l’unica giustizia è la vendetta.

Seguono, come sempre, parole crociate di insulti, minacce, pettegolezzi da straccioni, gli spaventapasseri del web riescono a dividersi, a litigare anche su una cosa irreale, che non li riguarda, che non capiranno mai. A proposito di esistere, ma non per davvero, più che altro percepirsi, vegetare nell’irrilevanza dell’oblio fingendo di essere vivi.

Max Del Papa