La notizia sarebbe questa: nell’ultimo weekend di manifestazioni, cortei e partite di calcio, sono stati 37 gli appartenenti alle forze di polizia rimasti feriti da manifestanti violenti. Chiaro? Trentasette lavoratori finiti in ospedale o comunque contusi. Eppure, visto che l’Italia è un Paese magnifico e tremendamente poco serio, scopriamo che non sono gli agenti di polizia a lamentarsi ma… i Pro-Pal.
È tutto vero!
I Pro-Pal, quelli che hanno spaccato vetrine, scritto “Spara a Giorgia”, lanciato bottiglie contro gli agenti e tutto il resto, organizzeranno un servizio d’ordine (loro, il servizio d’ordine: capito l’ironia?) per “proteggersi” dagli “attacchi militari della Questura”. Il delirio va letto nella sua interezza altrimenti si perde tutto il gusto. “Alle prossime manifestazioni scenderemo con un servizio d’ordine per proteggerci dagli attacchi militari della Questura che ha voluto scientemente alzare lo scontro”, ha detto Riccardo Germani uno degli organizzatori del corteo pro Pal di sabato scorso a Milano. La teoria sarebbe che la polizia avrebbe ordito gli scontri per evitare che si parlasse di Palestina. E la scritta contro la Meloni? “Ci sono sempre scritte sui muri”, ha risposto, come se fosse normale imbrattare le vetrine dei negozi o delle banche. “Quella è una scusa: l’obiettivo era attaccare in modo eclatante la manifestazione. Per questo non permetteremo più che le forze dell’ordine entrino nei cortei in questo modo. Devono stare all’inizio o alla fine come è sempre stato”.
Cioè, ricapitoliamo.
I manifestanti lanciano bottiglie contro i poliziotti o provano a sfondare un cordone, e poi lamentano di essere sotto “attacchi militari”. E come se non bastasse vogliono pure decidere dove gli agenti dovrebbero posizionarsi. Siamo seri?
In un loro comunicato i Giovani Palestinesi scrivono che “il corteo è stato brutalmente colpito da una azione premeditata delle forze dell’ordine che hanno deliberatamente attaccato i manifestanti con l’intento di creare tensione e offuscare la forte valenza politica di una mobilitazione partecipata da persone, soprattutto famiglie bambini e anziani, provenienti da tutta Italia”. Secondo la loro ricostruzione, nel tardo pomeriggio la polizia avrebbe teso “un agguato brutale e vigliacco” attuando “una vera e propria rappresaglia“. Addirittura, “su ordine di un alto dirigente della Digos, è partita una carica violenta che ha accerchiato i manifestanti aggredendoli con inaudita ferocia a colpi di manganello e impedendo loro di proseguire lungo il percorso concordato”. Anche il trasferimento di sette soggetti in Questura avrebbe avuto “il chiaro intento di generare disordini e incutere terrore a fronte delle ennesime manovre autoritarie e repressive in atto da parte del governo”. Più o meno lo stesso racconto è stato fatto anche dalla Confederazione Unitaria di Base sul loro sito.
“Noi abbiamo già organizzato una riunione perché non è possibile che chi dissente finisca in questura o rischi la vita”, aggiunge l’attivista. Non è possibile che finisca in Questura? In commissariato ci finisce chi non rispetta le indicazioni, aggredisce un poliziotto o fa resistenza a pubblico ufficiale che, se i Pro-Pal non ricordano, sarebbe reato. A Milano si organizzano manifestazioni Pro-Pal ogni sabato da un anno e mezzo e “non è mai successo niente”, spiega Khader Tamimi delle comunità palestinesi lombarde. “La Digos ci conosce uno ad uno: secondo noi hanno spaccato volontariamente il corteo a metà per uscire sui giornali e denunciare scontri. Chiediamo alle autorità di dire la verità: parlare di scontri è falso, si sono dimenticati dei 50mila che hanno detto no al genocidio. Eravamo un corteo unito: quel che è successo è stata una frammentazione voluta. L’obiettivo non siamo noi ma la denuncia del genocidio in Palestina”. Chiude il cerchio (o il circo?) Layla, deii Giovani Palestinesi d’Italia: “I violenti non siamo noi, ma i poliziotti che caricano gente inerme indossando felpe di estrema destra”.
È tutto vero.
“Il paventato servizio d’ordine con cui pro Pal e centri sociali dichiarano di voler scendere in piazza per le prossime manifestazioni ‘per difenderci dalla Questura’ è una chiara dichiarazione di guerra allo Stato – dice Silvia Sardone, eurodeputata della Lega -: questi ‘signori’ vogliono sovvertire le istituzioni incitando all’anarchia. Vanno in corteo armati e con l’unico scopo di assaltare banche, negozi e agenti e ora piagnucolano per normali controlli di polizia? La sinistra milanese, ma anche nazionale, prenderà le distanze oppure continuerà a coccolarsi questi collettivi cui dà spazi comunali e legittimità politica? Milano da ormai un anno e mezzo, ogni sabato, è un campo di battaglia: ora basta. Manifestare è legittimo ma attaccare sistematicamente divise e istituzioni no. Il decreto Sicurezza, fortemente voluto dalla Lega, non lascerà scampo a questi violenti rossi”.
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