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Il diritto di criticare un governo che sul Coronavirus ha sbagliato tutto

Non c’è dubbio, siamo dentro un’emergenza, e il tunnel appare ancora molto lungo da percorrere. L’ha detto meglio di tutti Boris Johnson, con virtuosismo da titolista: “It will get worse before it gets better”. Andrà peggio prima di migliorare, sarà una “long battle”.

Tutto vero, e, per tornare dentro i nostri confini, è anche naturale che scenda il tono della polemica politica: sarebbe sempre meno comprensibile per i cittadini, che in questo momento – da chiunque – non vogliono solo la descrizione dei problemi, ma qualche contributo concreto alle soluzioni, o almeno alla riduzione del danno.

Giusto, eppure tre osservazioni non possono essere taciute.

1. Ciò che distingue le democrazie dalle dittature è proprio il fatto che si sia uniti attraverso la discussione, attraverso un dibattito pubblico teso e vibrante, non attraverso il silenzio e l’unanimismo imposto. Non dispiaccia agli amanti di Giorgio Gaber: ma il punto non è la “partecipazione”. La chiave è piuttosto il “controllo”: il fatto che non cessi mai lo scrutinio critico nei confronti di chi governa. Giusto collaborare, ma nella chiarezza delle responsabilità.

2. Ciò è a maggior ragione vero davanti a un governo che le ha sbagliate quasi tutte. È riuscito nel “capolavoro” mediatico di farci passare per untori mondiali. Ha avuto un approccio ondivago all’emergenza e alla comunicazione: un mese di surreale dibattito sul razzismo (con tanto di spot del Ministero della Salute, con un noto testimonial armato di bacchette da cucina cinese, e pronto a spiegare che “il contagio non è affatto facile”); poi le frenetiche presenze tv di Giuseppe Conte; quindi un’improvvisa e artificiale settimana di ottimismo; e infine il clima cupo in cui siamo purtroppo – temo assai motivatamente – immersi da dieci giorni. Questo governo ha detto no, irridendole, alle proposte di isolamento generalizzato di chi veniva dalla Cina. Può darsi che non sarebbe stata una misura risolutiva, o che non fosse materialmente possibile tracciare decine di migliaia di persone: ma occorreva spiegarlo, non urlare “sciacalli!” o tentare maldestramente di buttare la croce addosso al personale sanitario di Lodi e Codogno.

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