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Il fattore ‘C’ che potrebbe cambiare lo scenario politico italiano

Il fattore ‘C’, come Conte e Cairo, comincia a prendere sempre più forma nello scenario politico italiano. Entrambi, venuti dal nulla e spinti da un ego ipertrofico, si stanno convincendo che possono giocare partite per loro un tempo inimmaginabili. Conte, ora a Palazzo Chigi, fino a sei mesi fa era appollaiato nel suo studio di piazza Cairoli a Roma o nelle aule dell’Università di Firenze. Cairo, oggi spavaldo padrone di RCS e de La7, era un piccolo editore di successo.

Ambedue professionalmente figli d’arte: Peppino Conte di un maestro del diritto come Guido Alpa; Urbano Cairo di un tycoon che ha fatto la storia d’Italia come Silvio Berlusconi. Conte ha capito che deve ritagliarsi uno spazio autonomo tra il Movimento 5Stelle e la Lega; Cairo si è convinto che come imprenditore dei media difficilmente potrà andare oltre. Conte, stufo di fare il vaso di coccio tra Salvini e Di Maio, si è quasi del tutto deciso a sfidare il mondo, forte anche di una rete di rapporti internazionali che si sta creando, non disdegnando alcun invito che gli arrivi da un qualsiasi Paese straniero o da qualche fondazione oltretevere, come Villa Nazareth dove si è fatto le ossa, fino ovviamente al Palazzo Apostolico da Bergoglio. Cairo sa che non può più continuare ad utilizzare i suoi giornali come grancassa quotidiana dei propri successi imprenditoriali.

Ed allora che fare? Per entrambi la strada è pressoché obbligata: un’investitura popolare che non può che venire dalle elezioni. Quali? Conte pensa alle prossime europee; Cairo alle politiche, meglio se anticipate. Nel M5Stelle c’è già grande agitazione per le mosse future di Conte, per timore che si ripeta il film visto con Lamberto Dini e Mario Monti, che da Presidenti del Consiglio in carica si sono presentati con proprie liste e hanno scompaginato i giochi.

Il pressing su Conte è iniziato. Per Grillo, Di Maio e Casaleggio il dilemma è se “l’avvocato del popolo”, percepito ormai come un DC doc, non sposti troppo a destra il baricentro del Movimento che il figliol prodigo Di Battista potrebbe invece collocare più a sinistra.

Per Cairo, la ‘discesa in campo’ sta diventando un’ipotesi concreta, innervosito anche dal contenzioso milionario con il fondo Blackstone per una vicenda immobiliare legata alla vendita della sede storica di via Solferino, che lo fa litigare con i suoi supporter di Banca Intesa e con alcuni studi legali di Milano. La sua strategia è tutta rivolta al post Berlusconi ritenendo che Salvini, da solo, non ce la possa fare. Circa una volta a settimana, offre la vetrina del Corriere ad Antonio Tajani per interviste preconfezionate e, soprattutto, ha uno sponsor d’eccezione, Marina, la figlia del Cavaliere, alla quale piacerebbe moltissimo che il ‘self made man’ alessandrino raccogliesse l’eredità del padre.

E per Salvini, con il suo elettorato tradizionale in fibrillazione, Cairo in politica diventa qualcosa di più di una semplice minaccia. Così come una lista Conte per il Movimento 5Stelle, a meno che il Capitano non decida di far saltare il banco prima con l’obiettivo di vincere le elezioni.

Luigi Bisignani Il Tempo 16 dicembre 2018

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