Il governo-cimitero usa i morti come scusa

10.1k 32
generica_porro_1200_3

Dio mio, come siamo caduti in basso. Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti – perché il Pd ha un segretario politico – arriva a dire che una crisi istituzionale con 500 morti è cosa gravissima e irresponsabile.

Decesso Covid, una tattica comunista

Il vizio zingarettiano – non solo suo, in verità – di attaccare l’avversario politico con i morti e di pretendere di giustificare l’esistenza del governo con i morti viene da lontano. Diciamo pure che appartiene alla limpida tradizione politica comunista. Ma, almeno, una volta c’era il Pci, mentre ora ci sono i cosiddetti Dem che con il loro giustizialismo prima hanno allevato i grillini e poi sono diventati la succursale culturale del M5s. Il disastro italiano in cui all’epidemia si sommano autoritarismo e fallimento sociale ed economico è figlio diretto degli astratti furori di ciò che resta del post-comunismo. Il governo confida in una sola cosa: nella grande macchina della disinformazione e della manipolazione delle coscienze presentando sé stesso come il Potere Buono contro il Potere Cattivo o irresponsabile. In quest’ottica chiunque avanzi una critica diventa immediatamente un traditore del popolo. Vecchia scuola bolscevica aggiornata con i mezzi di comunicazione social contemporanei.

L’uso dei morti è cosa molto grave. I morti bisogna lasciarli in pace. Perché i 500 morti giornalieri non sono un modo per decretare la irresponsabilità di Renzi ma un modo per evidenziare il fallimento del Conte 2. Un governo che giustifica la propria esistenza con il numero dei morti non è un governo: è un cimitero. Dunque? Dunque il governo che da un anno ha pieni poteri e da un anno non sa amministrare l’emergenza senza creare altri danni non è legittimato a rivendicare nulla. Un’emergenza che dura un anno non è neanche più un’emergenza ma una muta dichiarazione di fallimento. Un governo che in queste condizioni è in crisi deve attenersi alla legalità delle istituzioni: il premier non può fare altro che rimettere il mandato. Altre strade sono soltanto un modo per giocare con le istituzioni.

Conte al capolinea

Credo che nel colloquio al Quirinale sia stato proprio Mattarella a far notare a Conte che la via di un governo sorretto con un pugno di senatori che si prestassero alla bisogna sarebbe una toppa peggiore del buco perché avrebbe effetti moralmente negativi sul piano sociale. E allora è davvero inutile girare intorno alla cosa: il problema si chiama M5s e il suo rapporto con il Pd. La sinistra italiana si renda conto che non è la padrona delle istituzioni. Il professor Conte è giunto alla fine della sua storia politica. Se ne prenda atto senza strepiti e ci si apra alla possibilità di creare un esecutivo che abbia come suo scopo definito quello di instradare il Paese per l’uscita dall’emergenza e per il rilancio. Non ci sono altre strade. Il M5s con Giuseppe Conte è stretto in questo vicolo: da una parte le dimissioni e dall’altra la prova di forza per un governo alla Scilipoti. Un fallimento politico evidente che è sorretto esclusivamente da una propaganda che incontra i favori della narrazione giornalistica compiacente. Eppure, nonostante il coro, il reuccio è nudo.

Le parole di Matteo Renzi vanno prese sul serio al di là della sua stessa persona. Il suo è stato un discorso costituzionale che prevede necessariamente l’uscita di scena di Conte e dei suoi pieni poteri. La via maestra è il ritorno alla Costituzione (un po’ come Sonnino diceva “ritorno alla Statuto” ma erano davvero altri tempi con Giolitti alle viste). Anche il presidente Mattarella, che ha chiesto un tempo di costruttori, sarà d’accordo: non ci possono essere né costruttori né costruzione senza le garanzie costituzionali e di libertà. La strada del paternalismo ci ha condotti dritti dritti ad un passo dall’inferno. È tempo di rivedere le stelle senza la demagogia dem-grillina.

Giancristiano Desiderio, 15 gennaio 2021

Ti è piaciuto questo articolo? Leggi anche

Seguici sui nostri canali
Exit mobile version