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Il governo Conte e l’effetto palla di neve

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Carlo Azeglio Ciampi, che di crisi ne ha viste tante, non avrebbe dubbi a definire come snowball effect l’attuale agonia del Governo Conte. Un termine anglosassone usato in economia, che in italiano si traduce facilmente in “effetto palla di neve”. Ciampi lo usò più volte in occasione di crisi non solo monetarie, monitorate dalla Banca d’Italia, ma anche politiche, vissute dal MEF o dal Quirinale. Con quel modo di dire intendeva un qualcosa che si ingigantisce da solo, man mano che va avanti, come appunto una palla di neve che rotola e diventa sempre più grossa, diventando una valanga. Sergio Mattarella potrebbe trovare facilmente qualche precedente.

La palla di neve con la vicenda TAV è partita, se ne vedono gli effetti in tutti i ministeri, già paralizzati dall’insipienza dei responsabili e dei loro staff, e si ripercuote a catena su tutta l’Amministrazione. Prima che Mattarella ne prenda atto e fischi la fine del Carnevale, il governo più pazzo del mondo ha mandato a sbattere in questi giorni le due figure apicali di Palazzo Chigi: il presidente Conte e il sottosegretario Giorgetti. Il primo, da avvocato del popolo è passato velocemente a perito di parte contro i francesi, finendo per perdere quella impomatata “terzietà ” della quale andava fiero; il sottosegretario, invece, si è presentato da Londra agli USA ,con uno zaino zaino in spalle e senza uno staff adeguato, a spiegare una situazione economica con numeri in continuo peggioramento, tanto che la Bce dovrà di nuovo intervenire. Mai un sottosegretario alla Presidenza, da Giuliano Amato a Gianni Letta, da Franco Bassanini a Lamberto Cardia, aveva tolto così la scena internazionale a due ministri tanto balbettanti quanto formalmente carichi di responsabilità, come Enzo Moavero Milanesi agli Esteri e Giovanni Tria all’Economia.

Quest’ultimo, pur essendone titolare, ha assistito incredulo perfino alle scorribande scomposte via WhatsApp del sottosegretario Stefano Buffagni, che pretendeva, facendo intendere di essere un fiduciario di Fabrizio Palermo, Ad di CDP, di mandare a guidare Fincantieri – fatta diventare da Giuseppe Bono un player mondiale – un modesto manager, Paolo Simioni, incapace probabilmente di riconoscere un Cacciatorpediniere da un Pattugliatore.

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