La guerra in Ucraina

Il miliziano di Azov in Parlamento: scandalo in Grecia

Dopo l’intervento di Zelensky parla Michail, soldato del battaglione Azov. Tsipras: “Una vergogna”

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Esattamente nove anni fa, l’8 aprile 2013, Margaret Thatcher ci lasciava dopo aver combattuto contro una lunga malattia. La Lady di ferro fu la prima a mettere in pratica quelle ricette liberali che trasformarono il Regno Unito nel motore d’Europa, dopo un lungo periodo di stagnazione. Fu la prima a porre le basi per un sano conservatorismo, nel nome dell’individuo e dell’interesse nazionale, capace di mettere al centro libertà economica, personale e di espressione.

Quel liberal-conservatorismo, che ha trovato tra i propri maestri anche Reagan, oggi sembra essere in crisi, in costante declino, succube di una preoccupante ondata di cancel culture e politically correct che, partendo dagli ambienti radical americani, sta travolgendo inesorabilmente anche il continente europeo. La parola non è più libera. L’espressione non è più personale. Anche nei luoghi in cui si dovrebbero compendiare i principi fondamentali di una democrazia liberale, corre una scia di autoritarismo dialettico, principale causa del progressivo allontanamento dell’Europa dalle fondamenta ideologiche che permisero di sconfiggere l’Urss nella Guerra Fredda.

Ne è la dimostrazione quanto accaduto ieri al Parlamento greco. Dopo l’intervento del presidente ucraino Zelensky, che ha rinnovato la richiesta di nuove armi e sanzioni contro tutte le banche russe, oltre ad essersi soffermato sull’eroica difesa di Mariupol, è intervenuto Michail, soldato di origine greca del battaglione Azov, milizia nota per supportare anche posizioni estremiste di destra, tacciando i russi di essere “nazisti”. Syriza accusa il governo, il quale è obbligato alla retromarcia, ammettendo come l’intervento del militare ucraino fosse “una provocazione”. Ma Tsipras prosegue: “Il governo ha la piena responsabilità di questa giornata di vergogna storica. La solidarietà al popolo ucraino è scontata, ma ai nazisti non è concesso parlare in Parlamento”.

Anche l’ex premier Samaras si schiera a fianco di Syriza: “Il presidente Zelensky, nel suo discorso al parlamento greco, ha descritto le sofferenze subite dal popolo ucraino, ma includere un messaggio di un membro del battaglione Azov nel discorso è stata una grave offesa ed inutile”. La controversia rientra a poche settimane di distanza da un altro caso, questa volta nel nostro Paese, che ha evidenziato l’esistenza di opinioni di serie A e di serie B, queste ultime rigorosamente liquidate, se non censurate, con formule che rimandano alle più grandi tragedie della storia umana – di fatto, come ne abbiamo avuto buone dimostrazioni anche durante il periodo pandemico.

La polemica ha riguardato Alessandro Orsini, docente censurato dalla Rai per aver assunto posizioni divergenti dal racconto dei media mainstream sulla guerra in Ucraina. Chi scrive è ben lungi dal condividere le posizioni del battaglione Azov, di Orsini o, in altro modo, le tesi filo-russe che si manifestano a gran voce anche in Italia. Ma l’elemento che deve distinguere il continente europeo dalla Russia di Putin rimane la tutela e la valorizzazione del pluralismo contro l’unanimità; della parola contro la propaganda. In definitiva, della libertà contro la censura orwelliana.

La stessa Thatcher ricordava come fosse necessario rispettare la libertà di parola sia dei comunisti che dei fascisti: “Per tutta la vita, mi sono opposta a vietare le organizzazioni estremiste: se lo fai, diventano clandestine e questo offre loro un’eccitazione che non avrebbero, se potessero perseguire i loro obiettivi alla luce del sole. Li batteremo sul terreno del dibattito”. Esatto: “Li batteremo sul terreno del dibattito”. Oggi, l’Europa e l’America soffrono della malattia che la Lady di ferro si prefigurò di combattere ed estirpare. Il dibattito viene soppiantato, scartato, censurato. Le opinioni scorrette sono assimilate nel campo del “negazionismo” o del “nazismo”, senza prima averle ascoltate e poi giudicate.

Quella società aperta, che ha permesso di sconfiggere il totalitarismo rosso del secolo scorso, sta progressivamente lasciando il posto alla società coperta, da cui trae le fondamenta la Russia di Vladimir Putin. L’Occidente sta dimenticando i suoi valori, le sue tradizioni. La propaganda corre a tutta velocità, investe e annulla il dubbio, la voce dissonante, l’espressione contraria. Tutelare la libertà è diventata una rivoluzione.

Thatcher e Reagan la pensavano diversamente: la libertà doveva essere conservazione. Ma i loro insegnamenti sono ormai un lontanissimo ricordo, ipotecato dal passato.

Matteo Milanesi, 8 aprile 2022

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