Cultura, tv e spettacoli

Il “mostro” è assolto: col caso Spacey muore il Metoo

Cultura, tv e spettacoli

La sinistra libertaria divora i suoi figli. L’attore Kevin Spacey, vittima della più brutale caccia alla strega dai tempi di Mc Carthy, riabilitato praticamente da tutte le accuse, assolto in giudizio ma è una soddisfazione ossuta, sterile. Se pure Hollywood, conforme alla sua ipocrisia carnivora, tornerà ad offrirgli chance, l’uomo è distrutto, l’uomo è finito: certe ingiustizie, con traumi annessi, non li superi. Ed è un uomo palesemente annientato quello che in aula, mentre il giudice lo riammette nel consorzio degli umani, non tanto delle star ma degli umani, mentre un giudice cancella l’infamia di accuse insostenibili, pedofilo, ladro, violentatore, bugiardo, abbassa la testa, ha un crollo, piange, abbraccia i legali, i pochi amici rimasti, abbraccia chi trova, ma da sconfitto, da morto in piedi.

Spacey è la prima e più illustre vittima del Metoo, il movimento femminista anticapitalista nato dall’iniziativa due ipocrite, la Rose Mc Gowan e la nostra Asia Argento. Due con evidenti problemi, ma anche due disposte a tutto, a farsi una carriera per la quale non avevano il talento necessario a costo di corvée solitamente umilianti, che però venivano tranquillamente mandate giù, accumulando prove e rancore per una ventina d’anni, quando sarebbe arrivato il momento di passare all’incasso. E il momento giungeva, il bersaglio Weinstein, il produttore laido, ma questo si sarebbe scoperto dopo, l’amico intimo di Asia ma pure di Hillary Clinton, dell’esagitata di paglia Rula Jeabral, di tutta Hollywood, dell’interno Partito Democratico americano, finiva travolto da accuse in parte esagerate, molte autentiche perché mostro, suino a partire dalla faccia, lo era davvero e diventava facilissimo per le accusatrici passare da complici a vittime.

Il mondo ha bisogno di carne: quella degli aguzzini e quella delle prede, il mondo è una pianta carnivora popolata da sepolcri imbiancati, come sapeva bene Gesù Cristo. E ha bisogno, il mondo, di crociate: il Metoo era una di quelle esemplari, una tempesta perfetta per far tracollare le vestigia della tradizione non tanto hollywoodiana ma occidentale, “bianca tossica” per dire razzista e sessista: via con la cancel smania, tutto da riscrivere, tutti sul banco degli imputati, tutti come Polanski, attori, registi, tenori, direttori d’orchestra, politici, anche di sinistra, anche radicale: tutti dentro, come in quel film di Alberto Sordi e a lasciarci le penne per primo era Spacey, il volto di House of Cards. Come nel film di Fantozzi, ogni cosa gli spariva da sotto il culo, ruoli, soldi, ville, potere, ufficio con serra di ficus, le due statuette dell’Oscar: un reietto, un paria, accusato da una nullità, un generico come miliardi nel cinema, che, stufo di non avere la sua occasione, aveva deciso di portarsi come una Argento qualunque, aveva tirato fuori accuse di 40 anni prima e pesanti accuse: mi ha stuprato, mi ha ricattato, mi ha fatto di tutto.

Roba inventata di sana pianta, questa e tutto il resto, che non era poco, ha deciso un giudice. In giuria, è bastata un’oretta, quanto a dire che la certezza della montatura era chiara a tutti. A tutti, meno che al sistema metoo che si alimentava del sistema mediatico, feroce, opportunista e cialtrone. Puritano ma, come tutti i puritani, carogna. E incapace di scusarsi. Kevin Spacey gay, molestato da bambino, un pare omofobo, una carriera in salita: il profilo perfetto e invece tutto spazzato via per le ventane furibonde di gente senza merito e senza morale. È che il metoo, come tutti i movimenti radicali, deve scegliere e la sinistra libertaria deve sempre uscire da qualche impasse: fra il gay e la donna, privilegia la donna, fra la donna e l’immigrato, salva l’immigrato. Se l’immigrato è confessionale, e abusa nel nome della sua religione, la sinistra libertaria si tappa occhi e orecchie, non vuole saperne, trova sempre di che incolpare Giorgia Meloni, Donald Trump, il patriarcato, il Padreterno bianco e cristiano. Fino a che non si fagocita da sola.

Oggi il Metoo è solo un patetico relitto del garantismo spietato, ma le sue scorie sono entrare nel dna sociale e ci restano. Oggi il Metoo è soppiantato da altri movimenti più radicali e più ancora politicizzati come il Black Lives Matters la cui capa e fondatrice Patricia Cullor è una delle maggiori ladrone e mascalzone certificate. Ma che fa? L’importante è il messaggio, e il messaggio è: bianco maschio eterosessuale uguale tossico e assassino, solo i neri contano, hanno ragione a prescindere, la rivoluzione passa attraverso la blackness. Anche la blackploitation, lo sfruttamento dei neri sui neri a forza di luoghi comuni, ma, ancora una volta, tutto passa e tutto è funzionale alla riscrittura dell’Occidente il chiave neo, o post, o paleo, marxista. Un modo folle di fare politica e la politica sociale non la lasci in mano alle Argento e alla Mc Gowan. Ma questo passa il convento e il cupio dissolvi, l’autodistruzione delle vestali non interessa a nessuno.

C’era da uccidere Kevin Spacey sapendolo non colpevole e questo è stato fatto. Adesso possono pure assolverlo, rilanciarlo, premiarlo quanto vogliono, ma l’uomo Spacey, con poca vita ancora avanti a sé, non lo guarisce più neanche Gesù Cristo.

Max Del Papa, 21 ottobre 2022

Iscrivi al canale whatsapp di nicolaporro.it

LA RIPARTENZA SI AVVICINA!

SEDUTE SATIRICHE

www.nicolaporro.it vorrebbe inviarti notifiche push per tenerti aggiornato sugli ultimi articoli