Più che un Paese “basato sul lavoro”, come vuole la Costituzione, l’Italia appare sempre più la “Repubblica delle pensioni”, a causa di una spesa previdenziale che assorbe oltre la metà (50,3%) del totale delle risorse. Tanto che il welfare nel suo complesso quest’anno costerà 632 miliardi, con aggravio per lo Stato del 3,7% rispetto al 2022, considerando Sanità, Politiche Sociali, Previdenza e l’Istruzione. La stima è del Think Tank “Welfare, Italia”, la cabina di regia promossa da Unipol insieme a The European House Ambrosetti, che nel suo ultimo report indica anche il percorso per risolvere questo squilibrio: dopo la spesa previdenziale (+7,1% per 318 miliardi), ci sono quella sanitaria (+3,8%) che pesa per il 21,5%, quella in politiche sociali (-2,9% complice la fine del Reddito di cittadinanza) che assorbe il 16,9% delle risorse e quella per l’istruzione, più o meno stabile (+0,6%) e pari all’11,3%.
Ultimi per nascite e redditi medi
La radice del problema è così sintetizzabile: il nostro continua a essere un Paese con pochi, pochissimi figli; prosegue infatti senza sosta dal 2014 la discesa sotto la soglia dei 400mila nati: i fiocchi rosa e azzurri sono stati solo 393mila nel 2022, un nuovo record negativo. Per un tasso di natalità ormai crollato a 6,7 nascite ogni mille abitanti, nessuno Stato fa peggio in seno all’Unione europea. Così, allo scorso 31 dicembre, la popolazione residente nella Penisola era di poco più di 58,85 milioni di persone, quasi 180mila in meno di un anno prima. Ma le ombre non sono finite, perché il nostro è anche l’unico Paese in sede Ue ad aver registrato una contrazione dei salari medi rispetto a 30 anni fa. Un dato allarmante, soprattutto considerando il peso dell’inflazione.
Quattro mosse per vincere la sfida
Quattro in particolare le mosse che il Think Tank “Welfare, Italia” consiglia di giocare sulla scacchiera dello Stato sociale al fine di favorire una sana e duratura ripresa del Pil:
- definire un disegno organico per invertire il trend demografico attraverso indirizzi che allineino l’Italia alle best practice europee;
- sostenere il ruolo del Sistema sanitario nazionale aumentando gli investimenti e valorizzando appieno la componente integrativa;
- aumentare gli strumenti e la flessibilità del sistema previdenziale integrativo;
- lanciare un piano per lo sviluppo delle competenze e potenziare il ruolo dei centri per l’impiego.
In sostanza, deduce chi scrive, le politiche per la famiglia del governo e le misure per i redditi bassi vanno nella direzione giusta, così come le risorse destinate alla sanità con l’ultima Manovra di bilancio. Ma bisogna fare di più.
Assegno unico e piani per la previdenza integrativa
Il gruppo di studio promosso dal big assicurativo presieduto da Carlo Cimbri indica in particolare come prioritario, al fine di favorire le nascite, di aumentare la dotazione dell’Assegno Unico e calibrare il peso del fisco in base ai figli, prevedere dei congedi gender neutral che superino quelli di maternità e paternità, nonché di prevedere dei sistemi premianti per gli immigrati extra-UE più qualificati. Necessario poi aumentare gli investimenti diretti al Sistema sanitario nazionale, valorizzando il contributo della componente integrativa anche introducendo una normativa sulla Long-Term Care. Gli italiani andrebbero poi incentivati a puntare sulla previdenza integrativa favorendo la flessibilità degli investimenti e ispirandosi a soluzioni come i Children’s Saving Accounts statunitensi. Infine, conclude lo studio, occorre lanciare un piano per lo sviluppo delle competenze e potenziare il ruolo dei centri per l’impiego, definendo un piano strategico sulla formazione delle competenze basato sulle necessità emergenti delle imprese e sfruttare tutte le potenzialità della digitalizzazione.
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