Il sistema Italia sta moltiplicando gli sforzi per centrare la transizione green, sia in sede governativa sia di singole imprese, anche grazie ai fondi del Pnrr. Proprio nel suo tessuto agroalimentare, fondamentale in termini di Pil con oltre 77 miliardi di valore aggiunto e 64 di export, resta però un importante gap di competenze da colmare. Il monito viene da un’analisi di Nomisma presentata in occasione di un convegno sulle prospettive delle imprese agricole e alimentari italiane, organizzato con Philip Morris Italia, per pesare le sfide della transizione ecologica ed energetica.
Gap nelle competenze l’ostacolo da superare
L’Italia accusa un certo ritardo rispetto alla media degli altri Paesi Ue sul fronte della produzione di energie rinnovabili e digitalizzazione. A rallentare però non sono gli investimenti ma la mancanza di capitale umano pronto alla sfida. In altre parole, occorre puntare sulla formazione, migliorare le competenze diffuse tra le imprese agricole e alimentari, così da accelerarne l’innovazione tecnologica. Se, infatti, negli ultimi anni, il 71% delle realtà agroalimentari intervistate ha effettuato investimenti per la transizione eco-energetica, un’azienda su quattro individua nella mancanza di competenze specifiche l’ostacolo al salto tecnologico.
La sfida sulle maestranze e i processi
Quanto alle sole aziende del tabacco, Nomisma rileva come il 29% ritenga necessario prepararsi a tutti i nuovi strumenti tecnologici. Radicata è poi la consapevolezza di dover formare le maestranze: quasi sei aziende su dieci della filiera (59%) ritiene “molto importante” la formazione contro il 44% dell’intero settore agricolo. Non solo, il 44% delle realtà del tabacco ha pianificato la formazione per i prossimi 2-3 anni, contro il 30% del dato generale del mondo agricolo. Le competenze più richieste sono: quelle legate alla gestione sostenibile delle risorse e dei processi produttivi (48% del campione); la capacità di utilizzare software per la transizione (33%); competenze biologiche e chimiche (28%).
Philip Morris Italia semina l’innovazione nella filiera del tabacco
In sintesi, esiste un marcato divario tra domanda e offerta di lavoro in termini di competenze che, nel caso del comparto tabacchicolo, trova un importante contributo alla sua riduzione nell’accordo di filiera in atto dal 2011 tra Philip Morris Italia e Coldiretti. Un asse che, sotto l’occhio attento del Masaf, abilita le imprese del tabacco ad effettuare una programmazione strategica a medio termine anche sul tema delle competenze oltre che per passaggi generazionali e modelli innovativi a supporto dell’efficienza in agricoltura.
Trippella: Pronti a prolungare il sostegno al settore fino al 2033
L’accordo è in vigore fino al 2027 ma “siamo già al lavoro per proseguire verso il 2033”, assicura Cesare Trippella, Head of Leaf EU di Philip Morris Italia, specificando come il percorso includa “una sostenibilità soprattutto economica, che permette ai coltivatori di poter fare degli investimenti focalizzati sull’ambiente: abbiamo eliminato tutti i carburanti fossili utilizzati per i forni per la cura del tabacco, abbiamo puntato sulla biomassa, stiamo facendo progetti di bioenergia e abbiamo puntato molto sulle buone pratiche agricole e del lavoro per la lotta contro il caporalato. Noi compriamo in tutt’Italia, dal Veneto fino alla Campania”.
Il polo di Bologna e il coltivatore 5.0
Trippella ha poi riferito sugli altri pilastri dell’azione di Philip Morris Italia, ovvero “il polo tecnologico di Bologna da 1,2 miliardi per i nuovi prodotti senza combustione e l’Institute for Manufacturing Competences (600 milioni di investimento) chiamato a plasmare i tecnici del futuro. La medesima strada è stata inoltre intrapresa in agricoltura, con il Digital Farm e con Leaf Innovation Hub, permettendo agli agricoltori di diventare degli imprenditori del futuro: “coltivatori 5.0”, capaci di prendere decisioni utilizzando dati e meccanismi di supporto decisionale e sui diffusi investimenti rivolti alla biodiversità”.
Necessaria la stabilità delle regole
“Quello che è importante, però, è che il quadro regolatorio nel quale ci si muove sia chiaro e prevedibile anche per noi e ci consenta sia a livello di normative di prodotto, sia a livello fiscale di poter fare degli investimenti e che ci sia un ritorno per i nostri azionisti. Noi siamo fiduciosi, abbiamo lavorato con qualsiasi tipo di governo e con qualsiasi tipo di colore politico e fino adesso siamo stati molto soddisfatti. Per continuare a investire dobbiamo e devono vigilare affinché si vada nella direzione giusta”, conclude Trippella. La formazione è sempre stata al centro dell’accordo di filiera, a partire dalle “buone pratiche agricole e del lavoro” ha aggiunto Alberto Mantovanelli, presidente dell’Organizzazione produttori italiani di tabacco ma un aspetto fondamentale coinvolgerà anche le nuove regolamentazioni che a livello europeo verranno definite nei prossimi appuntamenti legislativi.
Contenuto realizzato in collaborazione con Philip Morris Italia