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In lockdown mandiamoci gli “esperti”

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Ogni giorno ha il suo Walter Ricciardi. Oggi, “l’ultimo guappo” ci ha deliziati con l’ennesima iniezione di incoraggiamenti: “Peggio della prima ondata”, le persone circolano troppo, ovviamente “un lockdown rinforzato è nei fatti”.

Zona rossa in arrivo

Non si capisce mai a che titolo parli il professore, quello che non voleva nemmeno farci votare alle regionali: è un consulente del ministero, non un decisore politico. Nei “fatti” di chi sarebbe il lockdown totale? Stabilito sulla base di quali dati e dopo che tipo di analisi dei costi economici, nonché sanitari? Parliamo delle conseguenze psicologiche e delle altre gravi patologie, da mesi neglette dal sistema sanitario.

Per carità, non è un mistero che la serrata nazionale sarà l’ultima tappa di questa via crucis. Il nostro Winston Churchill sta solo capendo come ci può arrivare, senza che la misura impatti troppo sul suo capitale.

Una soluzione, scrive il Corriere, potrebbe essere quella di spingere man mano tutto il Paese nella zona rossa, mandando avanti governatori, sindaci e ordinanze di Roberto Speranza. Così potrà dire: non sono stato io.

Omissioni giallorosse

Nel frattempo, i tecnici si prestano a coprire le omissioni di un governo arrivato incredibilmente impreparato alla seconda ondata, battendo sul tasto delle paternali. Se i contagi aumentano, è colpa degli italiani. È colpa delle discoteche piene in Sardegna, ovvero del presidente leghista.

Al che uno si domanda: ma se il Cts aveva dato parere contrario, ma se bastava passeggiare in una qualunque meta vacanziera italiana per vedere i giovani nelle balere, come mai a Roma non se n’è accorto nessuno fino a baldorie ferragostane archiviate?

Ieri, Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità, ci ha minacciato: “Violare le regole, individualmente e socialmente, comporta la difficoltà di modellare la curva e la necessità di adottare provvedimenti più restrittivi”.

Il male si diffonde non solo perché qualcuno passeggia sul lungomare di Mergellina, ma anche quando tu – sì, proprio tu che leggi, sappi che loro ti vedono come Dio nella cabina elettorale nel 1948 – per un attimo, ti cali la mascherina sotto al naso, credendo di essere da solo.

“Socialmente” e “individualmente”, pare di ascoltare un’arringa di Giovanni Calvino nella Ginevra del Cinquecento. Gli esperti e il governicchio sono immacolati. Pasticci sulla scuola? Trasporti nel caos? Ma quando mai: gli untori siete voi della movida (che non esiste più da due mesi).

Virologi moralizzatori

Verrebbe da ribaltare il tavolo dal quale pontificano questi fenomeni: dopo mesi passati a raccontarci che le mascherine non servivano, che “vedremo gli effetti del lockdown tra due settimane” (e poi sono passati quattro mesi), che il modello italiano è stato un successo, ci ritroviamo di nuovo senza posti letto, senza medici e senza infermieri.

Ebbene, visti i brillanti successi, sareste voi da mettere in lockdown. Chiusi a doppia mandata, senza uscire più di casa, senza più comparire in tv: a proposito, Massimo Galli, che va nei salottini a prescriverci quanta gente possiamo invitare al cenone di Natale, non aveva promesso di disertare per sempre il piccolo schermo?

E come mai Ilaria Capua, che dice di essersi già messa in clausura, continua a collezionare ospitate per raccontare che la mascherina è il nuovo preservativo? Tanto, se lo stato dell’arte è che per combattere il virus dobbiamo lavarci le mani e stare distanti, be’, possiamo anche cavarcela da soli. Loro non sanno nemmeno dirci come andrà a finire con il vaccino.

Per qualcuno sarà la salvezza, giunta all’uopo dopo la sconfitta di Donald Trump, poi arriva il professor Giuseppe Remuzzi e ti gela: non risolverà nulla, non rimetteremo le mascherine nel cassetto prima del 2024. Com’è che, se sono i nuovi preservativi, non giubiliamo come se ci aspettassero tre anni di scopate?

Peraltro, la richiesta di moratoria mediatica per competenti avrebbe illustri sostenitori. Persino i dottori del San Raffaele, infatti, hanno sconfessato il “loro” Roberto Burioni, il quale nega che la campagna terroristica abbia prodotto l’effetto di sovraccaricare gli ospedali con gente in preda al panico per qualche linea di febbre. Burioni era lo stesso che, a febbraio, si preoccupava più della “discriminazione contro i cinesi” che del Covid.

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