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Israele ammette: “I vaccini non bastano” - Terza parte

La ripresa del contagio ha coinciso con il giuramento del governo di Mr. Bennett a metà giugno. Dopo tre lockdown, Bennett è arrivato con un nuovo approccio, affermando che il Paese doveva convivere con il virus e mantenere le attività produttive a pieno regime. L’ha definita una politica di “soppressione morbida”.

Il 25 giugno è stato ripristinato l’obbligo della mascherina nei luoghi al chiuso, ma è stato poco rispettato. Medici allarmati hanno iniziato a sollecitare misure più severe, compresa la limitazione di tutti gli incontri. Il comitato consultivo del governo ha chiesto due volte, a luglio e di nuovo il primo agosto, l’immediato ripristino del green pass.

“Solo nelle ultime due settimane è tornato un senso di urgenza”, ha affermato il prof. Nadav Davidovitch, esperto di salute pubblica e membro del comitato consultivo. “Quello che stiamo facendo ora, dovevamo farlo a luglio”.

Ma dopo l’euforia prematura della primavera, la stanchezza della popolazione ha reso difficile il ritorno a rigidi protocolli antivirus. “È una questione di disciplina”, ha affermato la prof.ssa Galia Rahav, capo dell’Unità di malattie infettive e dei laboratori presso lo Sheba Medical Center vicino a Tel Aviv. “La gente è stanca delle mascherine. Vuole vivere”.

I funzionari temono che molti israeliani siano ancora ignari del crescente pericolo.

“Il pubblico israeliano non ha ancora capito che siamo in una quarta, significativa ondata”, ha affermato Tomer Lotan, direttore generale del Ministero della Pubblica Sicurezza. “Viviamo ancora nella routine, con la sensazione di essere vaccinati. È difficile realizzare un cambio nel discorso pubblico e dire: ‘Ascolta, siamo in una catastrofe.’”

Israele ora ripone le sue speranze sui richiami. Partendo dagli over 60, ed espandendo rapidamente lo sforzo ai maggiori di 50 anni, questo mese più di un milione di cittadini ha già ricevuto una terza. I ricercatori israeliani affermano che ci sono segni preliminari che i casi di nuovi contagi tra le persone vaccinate più anziane potrebbero aver iniziato a diminuire .

Uno studio preliminare pubblicato mercoledì da Maccabi, un operatore sanitario israeliano, ha scoperto che il richiamo del vaccino Pfizer fornisce un’efficacia dell’86% contro l’infezione nelle persone di età superiore ai 60 anni, una settimana o più dopo aver ricevuto la terza dose.

Sulla necessità dei richiami infuria il dibattito mondiale. L’amministrazione Biden ha annunciato mercoledì che gli americani vaccinati con Pfizer-BioNTech e Moderna potranno ricevere il richiamo otto mesi dopo aver ricevuto le loro seconde dosi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità sostiene invece che i vaccini disponibili sarebbe meglio usarli per vaccinare persone ad alto rischio nelle nazioni povere dove pochi hanno ottenuto le dosi e dove potrebbero emergere nuove varianti.

La maggior parte dei palestinesi in Cisgiordania e a Gaza rimane non vaccinata dopo che a giugno i funzionari palestinesi hanno respinto un accordo con Israele.

Il professor Davidovitch, l’esperto di salute pubblica israeliano, ha ricevuto una terza dose. Ma ora è convinto della necessità di una strategia a più livelli, che includa l’uso di mascherine, la limitazione dell’accesso ai luoghi pubblici ai vaccinati o a coloro che sono guariti dal virus e misure per rafforzare il sistema sanitario.

“Le vaccinazioni avrebbero dovuto risolvere tutto”, ha detto. “Ora capiamo che non bastano”.

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