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La coscienza di Vanity Fair non si lava con la Incontrada

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Dietro la copertina di Vanity Fair con Vanessa Incontrada senza veli contro il body shaming (il bullismo contro il corpo e le sue forme) si nasconde un’ipocrisia inaccettabile. Che è stata, a mio giudizio, ottimamente messa alla berlina da Andrea Palazzo in un post Facebook. Io lo condivido in pieno, voi?

Vanity Fair ha messo in cover una con un filo di pancia (solo due rotoletti) e je pare d’ave’ fatto la cosa più coraggiosa e rivoluzionaria dai tempi di Giovanna d’Arco. No ragazzi, mi spiace ma non basta a farvi perdonare 1500 numeri con le anoressiche.

E poi se fotografate un’attrice con la 42-44 non ci mettete tutte quelle didascalie patetiche (we’re so different and inclusive yeah). Questa finta tolleranza verso chi in definitiva ti fa solo un po’ pena dovrebbe essere rifiutata da tutte le “minoranze” (o forse maggioranze?) mortificate nell’orgoglio dall’essere considerate specie da proteggere per decreto legge da ‘sti 4 sacerdoti del perbenismo ipocrita (che però lava bene la coscienza sociale).

La vera rivoluzione sarebbe: da oggi su Vanity mai più attrici deficienti, scelte perché inspirational e supercool e extraglam (così dicono nelle riunioni dove purtroppo manca Totó col gomito), ma solo donne che hanno storie da raccontare (e possibilmente zero marchette da fare).
Poi forse i giornali in edicola li vendi. Altro coraggio sarebbe, invece, ammettere che sei un femminile che non vuole cambiare il mondo, ma solo vendere vestiti dei tuoi inserzionisti e allora basta ipocrisie e viva le modelle taglia 38!

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