Politiche green

La direttiva Ue farà impoverire (di colpo) tutte le famiglie italiane

Tutti i rischi dell’ideona europea sugli immobili raccolti nel libro “La proprietà e i suoi nemici”

case green Ue © urbazon, photoschmidt e vencavolrab tramite Canva.com

La vicenda della proposta di direttiva europea sull’efficentamento energetico degli edifici (direttiva “case green”, nel linguaggio politico-giornalistico) è giunta alla sua fase decisiva. Il 6 giugno scorso, infatti, è iniziato il cosiddetto “trilogo”, vale a dire il negoziato fra Parlamento, Consiglio e Commissione europei. Ed è iniziato con molte difficoltà, come si era avuto sentore che potesse accadere. Nel corso del tempo, infatti, questo testo normativo, iniziato a circolare ormai quasi due anni fa, ha visto crescere il numero di esponenti politici, governi e osservatori che hanno compreso gli enormi rischi associati a un obbligo generalizzato di intervento su milioni di immobili.

Di questa proposta di direttiva – e, più in generale, dell’ideologia green alla base di altri interventi normativi di fonte europea – si occupa La proprietà e i suoi nemici. Dalla direttiva Ue ‘case green’ alla libertà, un volume curato da Sandro Scoppa che contiene scritti dello stesso curatore, di Domenico Bilotti, di Andrea Giuricin, di Carlo Lottieri, di Cristian Merlo, di Pietro Monsurrò e di Isabella Tovaglieri. L’introduzione è di Guglielmo Piombini, la postfazione di Alessandro Vitale.

Confedilizia – che pubblica questo libro attraverso la sua casa editrice, in collaborazione con Tramedoro – è stata la prima a lanciare l’allarme, nel 2021, sulla proposta della Commissione europea. Ma da allora la consapevolezza è cresciuta di giorno in giorno e i pericoli sono stati evidenziati da più parti. Si tratta di un testo che ha caratteristiche di estrema pericolosità, in particolare, per l’Italia. Al di là delle limitatissime eccezioni, infatti, la sostanza è che dovrebbero essere pesantemente ristrutturati in pochi anni milioni di edifici. Senza considerare che in moltissimi casi gli interventi richiesti non saranno neppure materialmente realizzabili, per via delle particolari caratteristiche degli immobili interessati. Oppure lo sarebbero, ma a patto di deturparli in modo inaccettabile. Inoltre, i tempi ridottissimi determinerebbero una tensione senza precedenti sul mercato delle ristrutturazioni, con aumento spropositato dei prezzi, impossibilità a trovare materie prime, ponteggi, manodopera qualificata, ditte specializzate, professionisti ecc.

Nell’immediato, poi, l’effetto sarebbe quello di una perdita di valore della stragrande maggioranza degli immobili italiani e, di conseguenza, un impoverimento generale delle nostre famiglie. Le ragioni per le quali il nostro Paese sarebbe particolarmente penalizzato da una normativa come quella in preparazione sono ormai note.

1. Abbiamo un patrimonio edilizio molto risalente nel tempo e in larga misura collocato in contesti peculiari dal punto di vista della conformazione del territorio. Basti pensare ai centri storici delle nostre città o alle migliaia di borghi presenti in tante aree del Paese. Edifici e luoghi sui quali è impensabile far calare come una scure imposizioni che arrivano fino a quella di realizzare gli ormai famosi cappotti termici.

2. Il nostro è un Paese a proprietà immobiliare diffusa. Imporre gli interventi previsti dalla proposta di direttiva vuol dire obbligare a spese ingenti tanti piccoli risparmiatori (a differenza di quanto accade in Paesi, come ad esempio in realtà come la Germania, in cui la proprietà è concentrata in pochi, grandi soggetti di natura societaria).

3. In Italia vi è una rilevantissima quota di edifici in condominio. Questo renderebbe molto più complessa la gestione di norme vincolistiche come quelle previste dalla direttiva.

4. L’obbligo di realizzazione di interventi di efficentamento energetico metterebbe in secondo piano un’esigenza che per l’Italia è molto più urgente: quella di migliorare la sicurezza antisismica dei nostri edifici. In caso di approvazione del provvedimento, infatti, ogni risorsa pubblica – sotto forma di detrazioni fiscali, tipicamente – dovrà necessariamente essere destinata a quel tipo di lavori.

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Va inoltre considerato che la proposta di direttiva, se approvata, porterebbe anche a un aumento dei canoni di locazione. È facilmente prevedibile, infatti, che i pesantissimi costi degli interventi edilizi imposti dal provvedimento sarebbero dai proprietari fatti ricadere sugli inquilini. Ciò, quando possibile, naturalmente: negli altri casi, infatti, la verosimile conseguenza della direttiva sarebbe quella della fuoriuscita degli immobili dal mercato della locazione, con ricadute ancora più sfavorevoli per l’offerta abitativa in particolare. Inoltre, la necessità di effettuare lavori su case abitate darebbe luogo a sicuro contenzioso, considerata la complessità di molti degli interventi previsti. Come dicevamo, però, nel tempo alla voce critica della Confedilizia se ne sono aggiunte altre.

Particolarmente persuasiva, nella sua durezza, è stata l’analisi dell’Associazione bancaria italiana. In occasione di un’audizione parlamentare, l’Abi ha evidenziato come la direttiva “rischi di produrre una riduzione del valore di mercato degli edifici – che per il 60% presentano classi energetiche più basse – con impatti rilevanti sulla ricchezza delle famiglie italiane che per il 60% è rappresentata da immobili residenziali”. E ha aggiunto: “Ciò impatta direttamente e indirettamente anche sul mondo bancario. Direttamente, in quanto tale situazione potrebbe comportare una svalutazione delle garanzie acquisite dalle banche per la concessione dei mutui ipotecari; indirettamente, in quanto minore ricchezza significa anche minore possibilità di accesso al credito per imprese e famiglie, con conseguenti minori possibilità di crescita dell’economia”.

Basterebbero queste poche frasi per comprendere come sia necessario agire con grande fermezza per bloccare l’iter di approvazione di un provvedimento a dir poco inopportuno. Siamo tutti consapevoli dell’esigenza di migliorare le prestazioni energetiche dei nostri immobili – senza che ce lo dica qualche politico invasato e non certo per salvare il mondo, visto il risibile contributo di inquinamento che il patrimonio edilizio europeo apporta al contesto globale – ma la strada deve continuare a essere quella, pur bisognosa di correttivi, che l’Italia ha seguito negli ultimi anni, consistente nell’attivazione di specifici incentivi. La via degli obblighi, invece, è distruttiva, per le ragioni sopra indicate.

Il nostro governo si è impegnato, anche in Parlamento, a “scongiurare” l’approvazione di questo provvedimento. Adesso deve mettere in pratica quell’impegno e agire di conseguenza nell’ambito del “trilogo”. È necessario ripensare totalmente la questione. C’è ancora tempo per difendere il risparmio di milioni di famiglie italiane, la bellezza del nostro patrimonio edilizio e la libertà degli Stati europei di individuare le proprie esigenze e stabilire le proprie priorità. Nel frattempo, La proprietà e i suoi nemici è un’occasione per riflettere sulle ragioni di fondo di certe iniziative legislative e sui modi per contrastarle.

Giorgio Spaziani Testa, 20 agosto 2023