La libertà è sotto attacco anche sul Web

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In questi mesi abbiamo letto la notizia di centinaia di account cancellati dalla mattina alla sera o bloccati, la giustificazione di Facebook è che si trattasse di profili falsi oppure diffusori di fake news, bufale o “seminatori di odio”. Al tempo stesso nelle ultime settimane è avvenuto il blocco di profili di varie voci non conformi che esprimevano le proprie idee in modo pacato e senza espressioni volgari o offensive (tra cui quello di chi scrive).

Con ciò non si vuole negare l’esistenza di migliaia di account in cui si utilizzano toni beceri, molto spesso diffamatori e offensivi, ma se si arriva a bloccare profili di giornalisti, riviste, intellettuali, politici o cittadini che esprimono semplicemente le proprie idee, il problema diventa serissimo e siamo di fronte a un vero e proprio attacco alla libertà. Perché se è vero che Facebook è un’azienda privata e può decidere di fare ciò che vuole in casa propria, è altrettanto vero che deve farlo rispettando la legge italiana e, se per lo stato italiano le mie opinioni come quelle di tante altre persone bloccate, sono legittime e legali, chi dà il diritto a Facebook di censurarle? Senza contare le modalità con cui avviene il blocco, nemmeno comunicando le motivazioni o preavvertendo l’utente.

La libertà di espressione è alla base di ogni democrazia liberale e in Italia è sancita dall’articolo 21 della Costituzione italiana: “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Nel momento in cui un cittadino esprime un’opinione falsa, offensiva, calunniosa o diffamatoria, ci sono i tribunali che determinano, avvalendosi del codice penale, se si è trattato di un’opinione legittima oppure di una calunnia o diffamazione. C’è poi un altro risvolto della vicenda; per chi utilizza Facebook non solo come uno strumento personale ma anche professionale, chi mi risarcisce del danno di immagine determinato dal blocco del profilo?

La verità è che finché non succede a noi in prima persona non ci crediamo. Pensiamo che si tratti di esagerazioni, che sotto sotto alcuni se lo meritassero per i contenuti che pubblicavano, quando in realtà siamo di fronte a una vera e propria limitazione della libertà individuale, cardine di ogni democrazia. Una censura che avviene negli stessi giorni in cui in parlamento si discute l’istituzione di una “Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza”.

Ha fatto molto scalpore la decisione del centrodestra di astenersi ma, partendo dal presupposto della ferma condanna a qualsiasi forma di antisemitismo e razzismo, è necessario analizzare nel merito la proposta di istituire la commissione. Il rischio è istituzionalizzare il modus operandi di Facebook per cui, partendo dalla reale necessità di contrastare chi pubblica contenuti che incitano all’odio o antisemiti e razzisti, si colpisce ogni voce non conforme e alternativa.

Se oggi possiamo liberamente esprimere il nostro pensiero è proprio perché le dittature che si basavano sulla censura e sulla limitazione di parola come quella nazista e comunista, sono state sconfitte. Facebook deve imparare a rispettare i propri utenti che costituiscono la sua ricchezza e il motivo della sua esistenza. Il mondo tecnologico ci ha insegnato l’estrema velocità con cui cambiano le usanze degli utenti, ricordate Myspace? Ricordate Msn? Oggi sono praticamente scomparsi perché, caro Zuckerberg, tutti i social sono utili ma nessuno è indispensabile.

Francesco Giubilei, 2 novembre 2019

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