La prima violenza sulle donne è quella islamica

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Chi non tiene alla emancipazione e alla liberazione della donna, un processo storico fra l’altro già in buona parte avvenuto dalle nostre parti? Chi può mai credere oggi giusto considerare la violenza nei loro confronti, fisica o anche solo psicologica, come qualcosa da rubricare a reato di serie b, quasi una giusta reazione a torti di lesa maestà maschile? Eppure si ha come l’impressione che il movimento femminile, giunto a questo momento storico, dalle nostre parti, ma non solo, prenda spesso, o quasi sempre, a pretesto il nobile obiettivo per altri e molto politici fini.

Il femminismo come una sottospecie del sinistrismo, per dirla in modo esplicito. Tanto per cominciare oggi se una battaglia dovrebbe stare a cuore alle femministe, se fossero veramente tali, è quella per la liberazione delle donne islamiche, soggiogate e ridotte in condizioni di vassallaggio, sia in famiglia sia in società, da una religione che si fa politica e commina pene e manda a morte chi osa opporsi ai suoi dettami. Eppure, oggi, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, nelle piazze italiane non si è sentito alzare nemmeno un flebile grido di protesta su questa vera e propria piaga che, con l’immigrazione non controllata, rischia di diffondersi sempre più anche nelle nostre “emancipate” contrade. Lo stesso è avvenuto sui giornali, ormai quasi tutti egemonizzati dal mainstream di sinistra, e nei commenti.

Il femminismo sinistro, in tutti i sensi, non ammette il cortocircuito che si crea fra le sue richieste e quelle che, provenienti dalla “casa madre”, impongono di rispettare le altre culture in tutte le loro manifestazioni, anche le più sessiste, a prescindere. L’importante, oggi come sempre, è dar sotto all’Occidente. Con l’assurdo di arrivare a dire che il “corpo delle donne” sarebbe violato più qui da noi da presunti persuasori occulti delle nostre menti, che ci impongono un immaginario erotizzato, che non nel vicino Oriente dall’imposizione coatta del velo.

Una coltre di bigottismo pervade questo nuovo femminismo politicamente corretto, dimentico delle battaglie fatte dalle femministe storiche per liberare veramente il loro corpo e non essere automaticamente bollate come donne di malaffare se osavano scoprire qualche centimetro in più della loro pelle. Quasi a preparare il terreno all’avvento dei nuovi padroni islamici, la stessa capacità di seduzione femminile viene vista non come un gioco sottile di intelligenza, e quindi di libertà,  ma come un sottostare a un potere maschile che imporrebbe ancora oggi le proprie regole.

Oggi, nelle piazze, si è sentito molto imprecare contro il femminicidio, con il sottinteso che si tratta di un omicidio diverso e molto più diffuso rispetto al semplice omicidio. Ora, a parte che le statistiche ridimensionano tutte drasticamente il fenomeno, la diversità aggravante del femminicidio dipenderebbe dal fatto che esso sarebbe figlio di certi retaggi culturali che generano insicurezze maschili. Sarà! Ma intanto come non osservare, ancora una volta, sta che proprio ove certa “cultura” ha ancora un peso, e non può essere considerata un semplice “retaggio”, proprio lì le nostre sedicenti femministe non osano gettare lo sguardo. Un caso di strabismo, forse. O, molto più probabilmente, del “doppiopesismo” a cui la sinistra coi suoi comportamenti ci ha da sempre abituati.

Corrado Ocone, 25 novembre 2019

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