Cultura, tv e spettacoli

La rottura della Quarta parete

Rivedo l’ottimo Basta che funzioni – che Woody Allen ha girato nel 2009 – e constato di bel nuovo che in quella pellicola, non per la prima volta ma più insistentemente, il grande sceneggiatore e regista fa uso della ‘rottura’ della ‘Quarta parete’, teorica ma psicologicamente importante separazione ‘esistente’ tra i personaggi in scena (a teatro, in antica origine) e gli spettatori.

È difatti a noi che stiamo guardando (lo sa mentre i comprimari non ne hanno contezza) che il protagonista in molti momenti si rivolge ammiccando chiamandoci in qualche modo in veste di ben disposti (ne è del tutto sicuro) complici. Benché come appena scritto ‘antico’, il concetto stesso della ‘parete’ invisibile ma operante se non squarciata va in fondo considerato anche come una derivazione della teorizzata nel 1817 in una famosa pagina da Samuel Taylor Coleridge (d’ora in avanti qui citato solo con le iniziali ad evitare continue ripetizioni) e da allora in cotal modo definita ‘Sospensione consapevole dell’incredulità’.

Ecco le parole con le quali in un capitolo questo tema ho trattato nel mio ‘Figura e memoria del tempo presente’. “Scrivendo, filmando, perfino parlando con gli amici e comunque ogni qual volta si racconti qualcosa, il minimo che ci si possa aspettare da parte dei lettori, degli spettatori o, in genere, degli ascoltatori è quel particolare tipo di complicità che va sotto il nome di ‘Sospensione consapevole dell’incredulità’. Sostenuta da S. T. C. a proposito della poesia è destinata a scattare in tutte le circostanze nelle quali il narratore in qualche modo esagera. ‘Sì, è vero. Te la sto raccontando grossa’ sembrano dire strizzando un occhio lo scrittore, il regista, l’oratore, ‘Ma tu prendila per buona e vedrai che questa storia ti piacerà’.

Convinto che così sempre accada, capita che nel corso di qualche conferenza mi lasci andare e dica qualcosa di poco plausibile pretendendo appunto la complicità dei presenti. Novantanove volte su cento, tutto bene. La gente sorride in quel particolarissimo, accondiscendente modo. Una volta su cento, una gentile signora (mai un uomo!) alza invece la mano. Ha la faccia un po’ triste. Da circostanza. È dispiaciuta – si vede benissimo – ma chiede spiegazioni. Di colpo, la magia viene a cessare. Per quanto di poi dica o faccia. Qualsiasi cosa mi inventi, la ‘sospensione consapevole dell’incredulità’ svanisce e nessuno dei presenti è disposto a darmi ancora retta. Parlano tra loro. Si distraggono… Quel dito alzato che ho cercato invano di ignorare mi ha smascherato e non vale più la pena che qualcuno mi stia ad ascoltare!”.

Mauro della Porta Raffo, 1° settembre 2024

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