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La sceneggiata di Katia Tarasconi

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Accadde con Debora Serracchiani nel 2009, è risuccesso con Katia Tarasconi nel 2018. Nessun giudizio personale: non mi permetto, a maggior ragione verso persone che conosco quasi per nulla (primo caso) o totalmente per nulla (secondo caso). Ma, perfino al di là delle loro intenzioni, sembrano vittime della stessa sceneggiatura, forse pensata da autori stanchi, inariditi, prevedibili.

Di che si tratta? In un momento difficile del Pd, in un’assemblea senz’anima, “bisogna” tirar fuori – in modo che paia una sorpresa, out of the blue – una figura che sembri giovane, che sia comunque nella macchina del partito (la Tarasconi è consigliera regionale), e che faccia una chiassata contro i vertici del partito, in modo sufficientemente forte da far notizia, ma – per carità – senza far vero danno.

Tanto, il lavorio dello “spin” è già pronto: sui siti dei giornaloni amici, il giorno stesso, è pronta la “clip” del video: “E Katia strappa applausi…”, “E Katia bacchetta…”, “E Katia incanta…”, con la stessa cornice che, il mattino dopo una puntata di X Factor, accompagna i 30 secondi audiovideo del giovane talento che si è distinto in tv la sera prima.

E Katia sta alla parte (più o meno consapevolmente) assegnatale: gestualità empatica, discorsetto “gentista”, già pronta a due-tre ospitate in tv.

L’unica differenza è che qui non c’è un Manuel Agnelli che si commuova o una Mara Maionchi che si esalti. Tutto suona freddo, già visto, già sentito. La sensazione è che il pubblico (pure quello di sinistra) non ci caschi più.

Daniele Capezzone, 19 novembre 2018

 

 

 

 

 

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