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La strana storia del no Tav convertito

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Storie di conversione ne abbiamo lette tante. Anche di voltagabbana. A quale dei due schieramenti debba essere iscritto Giorgio Sorial non è nemmeno la cosa più importante. L’importante sarebbe sapere se un convertito (o voltagabbana) riesce a fare il bene del Paese, cioè a instillare buon senso in chi non ne ha.

Fedelissimo di Di Maio

Proprio nei giorni nei quali si manifesta un rigurgito violento dei no-Tav in val di Susa, desta un po’ di stupore vedere affidata la presidenza della società che gestisce il tronco italiano del Traforo del Monte Bianco (Sitmb) a un militante dei no-Tav. Pentito? Non è dato saperlo: sarebbe utile comprendere che differenza viene avvertita tra un’infrastruttura pionieristica, come quella realizzata negli anni Sessanta, sotto la montagna più alta d’Europa, e quella progettata e in via di esecuzione tra Torino e Lione in val di Susa. L’impatto ambientale della grande opera tra Courmayeur e Chamonix non fu per nulla lieve. Così come il traffico tutto su gomma (nel 2019 ha sfiorato i 2 milioni di veicoli, 628.000 dei quali mezzi pesanti, e vale il 6% dell’intero traffico pesante che si sviluppa sui valichi alpini) non è certo una boccata di ossigeno per la natura circostante. Lo è per l’economia.

Che l’obiettivo del presidente Sorial sia quello di chiudere il traforo? Scherzi a parte, l’ex braccio destro del ministro Luigi Di Maio, non ha mai nascosto la sua militanza no-Tav. Anzi. Così come, da ex parlamentare “pentastellato” non si sarà di certo sottratto alla campagna anti-Benetton, dopo il crollo del ponte Morandi e dopo i ripetuti tentativi di cancellare la concessione ad Autostrade. Peccato che proprio i Benetton siano azionisti al 51% della società di cui oggi Sorial è presidente.

Ex no Tav o quinta colonna?

Però è proprio di persone come Sorial che l’Italia forse avrebbe bisogno in questo tempo di recrudescenza delle proteste anti-europee dei no-Tav. Chi più di ex-militante potrebbe essere influente per convincere i reduci che ingaggiano ancora battaglie violente e anti-storiche per bloccare i lavori di una grande infrastruttura europea? A condizione che si tratti veramente di un “ex” militante, e non di una quinta colonna, infiltrata per minare il tunnel del Bianco. Di certo molti suoi compagni di avventura si stanno riprendendo la scena in val di Susa, in quella che sembra diventata più una palestra anti-polizia di qualche facinoroso che una rivendicazione di dissenso da parte dei cittadini.

Alle tesi dei no-Tav si sono sostituite solo le occasioni di protesta violenta contro le forze dell’ordine e quindi contro lo Stato. Sassi, bombe carte, fuochi d’artificio sono stati lanciati contro la polizia, e un cavo d’acciaio è stato piazzato ad altezza uomo sull’autostrada del Frejus per interromperne la circolazione. Tutto ciò, nel tentativo di bloccare il cantiere del nuovo autoporto di San Didero, opera accessoria dell’Alta Velocità Torino-Lione.

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